Editoriali

Tre italiani rapiti in Mali. Nel paese le sparizioni sono un fenomeno quotidiano

Redazione

Quello dei rapimenti nel paese africano è un evento molto ricorrente. Ne fanno ricorso soprattutto i gruppi jihadisti per usare gli ostaggi come pedine di scambio con il governo

Giovedì sera a Sincina, nel sud del Mali, un gruppo di uomini armati ha rapito tre cittadini italiani e un togolese. Secondo le testimonianze del posto, riportate dall’agenzia France Press, i tre italiani sono una coppia e il loro bambino. Vivono in Mali da diversi anni e hanno doppia cittadinanza. Sono Testimoni di Geova e pare che si occupino della costruzione di una chiesa nel villaggio. Sempre secondo i residenti, gli uomini armati avrebbero fatto irruzione nella casa della coppia portandoli via a bordo di un pick-up. La notizia è stata resa nota solo oggi e la Farnesina ha comunicato che “sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti” e che “il ministro Di Maio sta seguendo in prima persona l’evolversi della vicenda”. Quello dei rapimenti in Mali è un fenomeno ormai quotidiano. Ne fanno ricorso soprattutto i gruppi jihadisti per usare gli ostaggi come pedine di scambio con il governo.
 

Questi rapimenti diversi anni fa avvenivano  nel nord del paese, che è sempre stato conteso fra stato centrale  e milizie locali. Ora però l’instabilità è generalizzata e si sta spingendo anche nel sud. Un altro elemento preoccupante è che il governo maliano si è insediato con un golpe lo scorso anno e ha subito deciso di sciogliere l’accordo che esisteva con i francesi e l’Ue per ospitare le missioni  antiterrorismo Berkane e Takuba, che sono state via via smantellate. Ne hanno beneficiato i russi, che con il gruppo di mercenari della Wagner aiutano il governo nella sua guerra contro le milizie autonomiste e jihadiste, spesso compiendo stragi di civili. Il principale sospettato del rapimento dei tre italiani è un gruppo affiliato ad al Qaida, Jama’at Nusrat al islam wal Muslimin, che poche settimane fa ha rapito a Djenne 31 donne. Come se non bastasse, domenica scorsa il governo di Bamako ha deciso di ritirarsi anche dal G5, l’organizzazione per la sicurezza regionale composta anche da Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad. Il motivo sarebbe quello di non voler fare parte di un sistema definito imperialista e di stampo occidentale. Ma l’alternativa russa li sta accompagnando lentamente a fare del paese un vaso di Pandora di gruppi terroristici nel Sahel, da cui dipende buona parte della sicurezza del nostro mar Mediterraneo.

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