Editoriali

Il catasto, le provocazioni di Salvini e le ipocrisie parlamentari

I leghisti fanno richieste assurde sulla delega fiscale, per puro scopo di propaganda. Poi però accusano Draghi di decisionismo. E' questo il primato della politica?

La manovra è così patetica, la ripicca talmente misera, che se merita d’essere raccontata è solo per ciò che questa storia può insegnare. E insomma due giorni fa, dopo il gran baccano agitato dalla destra sul catasto, ecco che la Lega ha deciso di cambiare tattica durante i colloqui alla Camera. Va detto, per inquadrare meglio la faccenda, che questi confronti bilaterali tra il governo e i singoli partiti erano stati promossi dal ministro grillino D’Incà e dal sottosegretario leghista Freni per favorire un dialogo sano, per svelenire il clima in vista del prosieguo dell’analisi della delega fiscale. Venite, parvulos, diteci cosa non va. E infatti Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli, i due contabili del Carroccio, sono venuti e hanno fatto la lista. “Vogliamo l’aumento del minimo esente a 12 mila euro per tutti; e poi vogliamo l’abolizione dell’Irap; e poi l’abolizione dello split payment, e pure la soppressione del reverse charge”. Così, ad abundantiam. Al che c’è stato chi ha obiettato: “Come le copriamo, tutte queste riduzioni di gettito?”. E loro, tetragoni: “Eh be’, con la tassa sulla casa prodotta dalla riforma del catasto”.

Il tutto è stato liquidato dal governo per quel che è: una spacconata da guappi di cartone. E però a suo modo l’aneddoto dimostra quanta ipocrisia ci sia dietro le lamentele dei partiti sull’eccessivo decisionismo di Draghi. Che in effetti la revisione del catasto, che mancava da  trent’anni, l’ha voluta fare anche a costo di imporla. E però è chiaro che quando il Parlamento rivendica centralità e coinvolgimento spesso lo fa col mero obiettivo di sabotare: vale per il catasto come per la concorrenza. I partiti che urlano al primato della politica sono troppo spesso quelli che scelgono la via dell’inconcludenza, per poi farsi commissariare dal tecnico di turno al quale rimproverano di svilire le ragioni dei partiti. E poi la giostra riparte. 

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