editoriali
In difesa di Francesco Pugliese
Il coraggio dell’ad di Conad contro i no vax e la gogna da condannare
Francesco Pugliese, ad di Conad, prima azienda italiana della grande distribuzione, attira le ire dei No vax e dei loro politici di riferimento, per aver annunciato che i suoi dipendenti “che non vogliono vaccinarsi e quindi risulteranno privi di green pass verranno messi in aspettativa non retribuita”. Oggi Conad apre a Bologna un nuovo supermercato e l’invito al boicottaggio, o peggio, corre su Twitter. Senza fare pubblicità a nessuno – Pugliese non è l’unico capo azienda a spendersi per il green pass obbligatorio: dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi in giù sono sempre di più a chiedere al governo una doverosa parola precisa – l’ad di Conad merita gli applausi. Innanzitutto per una logica non smentibile: “Non capisco perché io vaccinato posso andare in un supermercato e rischiare con un dipendente no vax”.
Si potrebbe aggiungere perché i clienti di bar e ristoranti al chiuso, di palestre e cinema e così via debbano esibire il green pass mentre cassieri, ristoratori, camerieri e gestori, che oltretutto devono controllarli, no. Ma l’applauso è doppio di fronte ai tentennamenti della cabina di regia su questi temi chiesta da Matteo Salvini, e ahimè concessa da Mario Draghi. Ieri dalla medesima cabina sarebbe arrivato l’ennesimo slittamento di un decreto che doveva estendere l’obbligo di green pass a tutti i dipendenti a contatto con clienti (vaccinati) in ambienti chiusi, a partire per esempio dalle mense aziendali. Oltre a quelli leghisti ci sono i contorcimenti sindacali, con alibi tipo la discriminazione tra chi lavora a contatto in reparto ma non può sedersi allo stesso tavolo per mangiare. È evidente che il green pass è (anche) uno strumento per forzare la vaccinazione obbligatoria. Dunque una misura di sanità pubblica, ampiamente prevista dalla Costituzione. Sarebbe bene da parte del presidente del Consiglio dirlo, come ha fatto efficacemente nell’ultima conferenza stampa (“sì all’obbligo e sì alla terza dose”). Salvini e Landini non valgono una mensa. Serve un nuovo draghiano whatever it takes.
Editoriali