Lo stabilimento FCA di Melfi (LaPresse) 

Editoriali

Crescere, non licenziare

Redazione

I dati sul lavoro del Veneto offrono un’altra verità sui licenziamenti  

Il blocco dei licenziamenti è stato per mesi il punto di scontro più forte tra Confindustria e sindacati. Con dichiarazioni dal tono insolitamente ultimativo del presidente Carlo Bonomi per chiedere la fine del divieto di interruzione del rapporto di lavoro e, da parte sindacale, manifestazioni nazionali, accompagnate dall’evocazione di scenari drammatici (un milione di licenziati), per chiederne il mantenimento. Mesi e mesi di confronto che ora assumono un contorno meno appassionante. I primi dati ben confezionati li dobbiamo alla regione Veneto che, diversamente dalle altre regioni, tutte ugualmente titolari di quei numeri, li diffonde pubblicamente. Quei dati dicono che il passo dei licenziamenti da quando è stato rimosso il blocco è lo stesso rilevabile prima della pandemia. Insomma, sembrerebbe di avere a che fare con il normale, cioè costante negli ultimi anni, ricorso ai motivi economici per licenziare in una regione abbastanza rappresentativa, per la nota composizione del suo tessuto produttivo.

 

Mentre uscivano questi dati un’altra voce veneta, quella della presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia, diceva che non c’è intenzione diffusa di licenziare e che c’è il problema opposto, tanto che la mancanza di personale potrebbe perfino frenare le ottime aspettative di crescita stimate dagli economisti. L’allarme di Dalla Vecchia ha a che fare non con fattori contingenti, ma con determinanti di lungo periodo dell’economia italiana. E il mondo del lavoro se ne accorge anche dolorosamente di fronte a notizie come la conferma della chiusura in tronco della Gkn di Firenze, con 422 dipendenti messi fuori. A volte si riesce a impedirle, le chiusure, come per lo stabilimento Elica a Fabriano, altre no, come per Whirlpool a Napoli. Certamente, però, un’economia in crescita secondo le attese farebbe da argine anche alle crisi aziendali. E torniamo a Confindustria Vicenza, perché ci fa capire che il lavoro fa crescere l’economia e crea altro lavoro (ma vale anche il viceversa).

Di più su questi argomenti: