Mario Draghi e Angela Merkel (Ansa)

Editoriali

C'è un problema con la Germania

Redazione

Consumi e pil non vanno. All’Italia serve essere la locomotiva di se stessa

La Germania continua a lanciare segnali contraddittori. L’indice di fiducia delle aziende è salito a maggio a 102,9 punti rispetto ai 99,2 di aprile e oltre le attese di 101. Anche quello sulle condizioni economiche si è portato a 99,2 punti dai 96,6 di aprile e contro una stima di 98,2. Ma il pil del primo trimestre è calato di 1,8 punti percentuali, e di 3,4 sul 2020, peggio delle previsioni. L’istituto federale Destatis evidenzia poi una flessione di 5,4 punti dei consumi, investimenti piatti con un meno 12 a maggio nelle costruzioni. Tra realtà e aspettative c’è differenza, pur essendo gli indici di fiducia più recenti. Ma è giusto ricordare che a parità di periodo il pil italiano è sceso dello 0,4 per cento (1,4 su base annua), in linea con la media Ue. Mentre in Francia avanza sempre dello 0,4 e la spesa dei consumatori dello 0,3. Proprio la differenza nei consumi tra tedeschi e francesi, con l’Italia in mezzo, può dire qualcosa sui possibili nuovi equilibri europei.

 

 

Nelle vaccinazioni la Germania è avanti, ma l’economia stenta a riprendersi ed è utile guardare alla politica. In Francia c’è stabilità (le presidenziali sono nel 2022). In Italia Mario Draghi potrebbe restare a Palazzo Chigi fino al 2023 nonostante la scadenza del settennato di Sergio Mattarella. Le pressioni per candidare Draghi al Quirinale sono evidenti ma chissà se il capo del governo lascerà a metà l’opera appena iniziata per utilizzare i fondi del Recovery plan. Inoltre, come ha detto, Draghi vuol partecipare da protagonista alla riforma del Patto di stabilità europeo, che il premier intende profonda ed espansiva, e che occuperà tutto il 2022. Anche per questo è fondamentale la convergenza, confermata l’altro giorno al Consiglio europeo, con Macron; mentre la Germania avverte già il vuoto di Angela Merkel e non sarebbe la stessa cosa una leadership rigorista olandese o ungherese. Non si tratta di immaginare rivalse antitedesche, ma di capire che nei prossimi 18 mesi in Europa si farà politica vera e dura per i decenni a venire.

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