La protesta degli esponenti del partito Vox durante la seduta del Congresso che ha legalizzato l'eutanasia in Spagna (Ansa)

Editoriali

Non c'era ancora abbastanza morte

Redazione

In pandemia, la Spagna vota l’eutanasia. Anche per i “sofferenti psichici”

Dopo il via libera del Senato, l’eutanasia in Spagna è stata approvata in via definitiva anche dal Congresso dei deputati. Solo Popolari e Vox hanno votato contro. In difesa del diritto alla vita, la piattaforma Vividores.org aveva lanciato una campagna con un ultimo appello ai partiti a frenare l’approvazione, con lo slogan: “La dignità della vita non si vota, si difende”. La legge contempla l’eutanasia per chi ha “una sofferenza fisica e psichica costante e intollerabile”. Modello olandese, dunque, dove anche chi soffre di depressione, chi è piombato nella cecità, chi è affetto da malattie psichiatriche, può chiedere il ricorso all’iniezione letale. Spicca la tempistica. La Spagna è da un anno fra i paesi più colpiti dalla pandemia.

 

 

C’era davvero bisogno di legiferare su un’ulteriore iniezione di morte, anche se “dolce” e “misericordiosa”, nella società? Nel merito sarebbe stata auspicabile la richiesta dei Popolari e della chiesa di investire nelle cure palliative, oggi molto poco valorizzate. Ma si sa, il vento batte da anni a favore della morte come soluzione definitiva e immediata. Storicamente, spicca il caso spagnolo, un paese espugnato completamente dal pensiero debole. In sedici anni, da quel 2004 che vide l’ascesa di Zapatero, nell’ordine hanno approvato nozze gay, ricerca sugli embrioni, diritti agli animali, ideologia gender (“progenitori” anziché madre e padre), ridimensionamento dell’ora di cristianesimo a scuola e negli ultimi due anni, sotto la spinta di Podemos e dell’estrema sinistra, anche aborto alle minorenni, legge sull’autodeterminazione di genere, sulla “memoria democratica” (abbattimenti di croci e altri simboli del passato) e adesso l’eutanasia. La secolarizzazione non è un menù à la carte. A cascata, arriva tutto.

 

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