disastro economico

Il buco del Mef sul Superbonus: un audit su 150 miliardi di sbagli

Luciano Capone

Il minisero pubblica uno studio sull'inefficienza dei bonus edilizi: il 38% (70 miliardi di euro) è "peso morto". Ma a mancare è un'analisi sugli enormi e ripetuti errori nelle stime di dipartimento Finanze e Rgs

Il Superbonus, la più grande politica industriale e il più grande sperpero della storia della Repubblica, è un caso di studio interessante. Sono quindi tanti i lavori che cercano di quantificare la magnitudo di questo disastro finanziario. Nei giorni scorsi, il dipartimento delle Finanze del Mef ha pubblicato un working paper che cerca di quantificare alcuni effetti della stagione dei bonus edilizi. I due autori, Carlo Cignarella e Paolo D’Imperio, nello studio prendono in considerazione i due incentivi più grandi (Superbonus 110% e Bonus facciate 90%), che nel periodo che va dal 2020 al 2023 sono costati 186 miliardi di euro (9 punti di pil) per stimare che impatto hanno avuto sugli investimenti nell’edilizia residenziale.

I due economisti utilizzano il metodo del “controllo sintetico”, che consiste nel confrontare l’andamento degli investimenti nell’edilizia residenziale con quello di una sorta di gruppo di controllo (composto da diversi paesi europei) che emula quale sarebbe stato l’andamento in Italia in assenza di Superbonus: in questo modo si riesce a stimare qual è stato l’impulso aggiuntivo degli incentivi e quanti investimenti si sarebbero fatti comunque (ma con i soldi dei privati, invece che con quelli pubblici). La conclusione è che i due bonus hanno generato nell’edilizia residenziale investimenti aggiuntivi, che cioè altrimenti non si sarebbero fatti, per circa 116 miliardi di euro. Ciò vuol dire però che 70 miliardi di euro spesi dallo stato sarebbero stati sborsati comunque dai proprietari: il cosiddetto “peso morto” degli incentivi è pari al 38% del totale. “La nostra analisi solleva seri dubbi sull’efficienza degli incentivi, che sollevano anche notevoli preoccupazioni in termini di impatto distributivo ed equità”, concludono eufemisticamente i due economisti.

Il paper del Mef si aggiunge ad altre analisi analoghe, fatte sempre usando il metodo del “controllo sintetico”, che vanno nella stessa direzione: secondo la Banca d’Italia il “peso morto” del Superbonus e del Bonus facciate è pari al 27%; mentre secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) è pari al 33%: la misura dello spreco va quindi da un euro su 4 a un euro su 2,5. Ogni elemento di conoscenza è sempre positivo, ma su questo terreno lo studio del Mef aggiunge valutazioni dove già c’erano e su un campo – quello della valutazione delle politiche pubbliche – battuto anche da altre istituzioni, come appunto Bankitalia e Upb.

Ciò che ci si aspetterebbe dal Mef è un report sul tema dove ha un ovvio vantaggio competitivo rispetto alle altre istituzioni: spiegare com’è stato possibile sbagliare le stime di spesa sui bonus edilizi ripetutamente e per 150 miliardi di euro. Si tratta del buco di bilancio – ovvero della spesa non prevista e quindi non autorizzata dal Parlamento – più grande della storia italiana. Le relazioni tecniche dei vari bonus edilizi (Superbonus, Bonus facciate, riqualificazione, etc.) prevedevano costi per 71 miliardi di euro. Il costo reale è stato circa il triplo: 220 miliardi di euro, per 150 miliardi di sforamento.

Il dipartimento delle Finanze del Mef, a cui spettavano le stime dei costi, ha semplicemente preso le relazioni tecniche dei vecchi bonus e ipotizzato un raddoppio dei costi, senza considerare che il Superbonus aveva due caratteristiche nuove e che lo rendevano particolarmente pericoloso: un’aliquota al 110% (quindi nessun contrasto di interessi tra compratore e venditore) e la cessione del credito (quindi nessun vincolo di liquidità per il richiedente). La Ragioneria generale dello Stato (Rgs), il cui compito istituzionale è controllare i costi e valutare la credibilità delle coperture, ha “bollinato” la misura, certificando così che i conti sbagliati del dipartimento delle Finanze invece erano giusti.

Oltre a questi errori madornali, il Mef (Finanze e Rgs) non ha previsto un tetto alla spesa, come invece accade abitualmente per tutti gli altri crediti d’imposta (soprattutto quelli automatici come il Superbonus). Per giunta la norma non prevedeva alcuna procedura di autorizzazione preventiva, e questo ha reso impossibile il monitoraggio della spesa (che è compito istituzionale del Mef). Come se non bastasse, tutti questi gravi errori genetici sono stati ripetuti a ogni proroga degli incentivi, quando pure era possibile inserire dei correttivi, e invece si è lasciato che i bonus edilizi aprissero una voragine nel bilancio dello stato.

Lo studio che ci si aspetterebbe dal Mef è un audit sulle procedure tecniche e sulle metodologie usate, per mostrare al paese cosa non ha funzionato e cosa è cambiato affinché non accada più nulla del genere. In tanti hanno gli elementi per spiegare che il Superbonus è stato un disastro economico, ma solo il Mef può spiegare perché è stato anche un fallimento amministrativo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali