visti dall'estero
Stabilità e lavoro, Politico ed Economist promuovono l'Italia di Meloni
Il sito della bolla di Bruxelles nomina la premier "la persona più influente d'Europa", mentre l'Economist indica Roma come la quinta miglior economia del 2024 (merito del mercato del lavoro, anche se Cgil e Uil scioperano)
Le opinioni dei giornali stranieri contano il giusto, e spesso vengono enfatizzate o sminuite da opposizione o maggioranza a seconda delle convenienze. Non sono mai la verità rivelata, ma in ogni caso riflettono l’immagine dell’Italia all’estero. Da questo punto di vista, il governo Meloni incassa due riconoscimenti. Il primo è di Politico Europe, sito specializzato su ciò che accade a Bruxelles, che ha incoronato Giorgia Meloni come “la persona più influente in Europa” nel suo ranking annuale. Contemporaneamente l’Economist, il settimanale finanziario britannico, ha messo l’Italia al quinto posto nella classifica delle migliori economie del 2024.
L’incoronazione da parte di Politico come “The most powerful person in Europe” non è un endorsement, ma il riconoscimento della stabilità politica del governo italiano – mentre quelli degli altri grandi paesi europei, dalla Francia alla Germania, sono in crisi di consensi e legittimità – e del ruolo centrale assunto da Meloni sulla scena internazionale, dall’influenza sulla Commissione di Ursula von der Leyen ai rapporti con Elon Musk e l’Amministrazione Trump.
La buona posizione nella classifica dell’Economist, invece, è il riconoscimento della stabilità economica. Evidente soprattutto in questi ultimi mesi. Nonostante il rallentamento della crescita, lo spread dell’Italia è in calo costante: è sceso sotto i 110 punti (“L’unico 110 che mi piace!”, ha commentato ironicamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, riferendosi all’odiato Superbonus 110%), il livello più basso da ottobre 2021, e si avvicina a quota 100 (un altro nome evocativo).
Ma il dato politicamente ed economicamente più rilevante è la convergenza dei rendimenti dei titoli di Francia e Italia, quelli delle Oat salgono e quelli dei Btp scendono: a giugno la differenza tra i titoli italiani e quelli francesi era di circa 100 punti, mentre ora è di circa 40. Sembrava impossibile che lo spread francese raggiungesse quello della Grecia, ora non è assurdo ipotizzare un allineamento con l’Italia. E questo per la politica economica prudente di Meloni e Giorgetti che non hanno usato la crisi francese, con la caduta del governo Barnier e il deficit fuori controllo, per allentare i cordoni della spesa e il piano di riduzione del disavanzo concordato con Bruxelles. E questa disciplina fiscale, che pure ha provocato l’ennesimo sciopero generale dei sindacati e contrasti con il mondo delle imprese, viene premiata dai mercati.
Ma perché l’Economist mette l’Italia tra le cinque economie che hanno fatto meglio nel 2024? Il settimanale ha valutato 37 paesi, prevalentemente tra i più ricchi del pianeta, sulla base di cinque parametri: pil, andamento del mercato azionario, inflazione di fondo, disoccupazione e deficit primario. Sulla base di questi cinque indicatori ha assegnato un punteggio sintetico e stilato una classifica, che vede in cima diversi paesi mediterranei (una volta definiti Pigs): primo posto per la Spagna, poi Irlanda, Danimarca, Grecia e Italia.
Quali sono gli indicatori economici che hanno fatto scalare la classifica all’Italia? Non certo la crescita economica, di cui peraltro il governo si è eccessivamente autocelebrato. La crescita annualizzata dell’Italia è secondo l’Economist allo 0,6%, tra le più basse della classifica, a causa dei problemi legati allo choc energetico e dell’industria manifatturiera comuni alla Germania (messa al posto 23). Anche il saldo primario di bilancio, seppure in forte miglioramento, è un punto debole (-0,1%) soprattutto se confrontato al forte avanzo della Grecia (+2,1%) o dell’Irlanda (+4,6 per cento). I dati positivi riguardano la crescita del mercato azionario (+12,4%) e l’inflazione di fondo bassa (+1,8%). Ma il dato più rilevante riguarda la disoccupazione: con una riduzione dell’1,4%, l’Italia registra il migliore progresso in assoluto.
L’aspetto paradossale di questo record è che fra i 37 paesi considerati l’Italia non è soltanto quello che ha registrato la più forte riduzione della disoccupazione, ma anche l’unico dove c’è stato uno sciopero generale da parte dei sindacati Cgil e Uil. Non uno solo. Il quarto consecutivo: uno contro il governo Draghi e tre contro il governo Meloni. Questi scioperi generali hanno coinciso con la fase più espansiva del mercato del lavoro che si ricordi negli ultimi decenni: quattro anni in cui gli occupati sono aumentati di circa 2 milioni di unità, costantemente, mezzo milione ogni anno. In questo quadriennio, l’Italia ha raggiunto il record di occupati (oltre 24 milioni, 800 mila in più rispetto al pre Covid) e peraltro prevalentemente attraverso un incremento dei posti di lavoro a tempo indeterminato.
Naturalmente per il 2025 l’Italia ha un problema di crescita, ed è su quello che il governo dovrebbe essere incalzato. Ma certamente non si può pensare di spingere il pil attraverso il deficit, perché il rischio per un paese ad alto debito come l’Italia è di essere travolto dalle tensioni finanziarie ora all’opera in Francia.