Christine Lagarde (LaPresse)

i fronti caldi

I dazi di Trump e la crisi francese condizioneranno le mosse sui tassi di Lagarde

Mariarosaria Marchesano

“Nell’Eurozona c’è una vera e propria crisi di fiducia le cui radici sono profonde e non riguardano solo fattori economici. Per questo, la Banca centrale europea deve reagire e accelerare il ritmo del taglio dei tassi”, dice l'analisi di S&P Global Ratings, che precede la riunione dell'Eurotower
 

“Nell’Eurozona c’è una vera e propria crisi di fiducia le cui radici sono profonde e non riguardano solo fattori economici. Per questo, la Bce deve reagire e accelerare il ritmo del taglio dei tassi”. Tra le diverse analisi che precedono la riunione della Banca centrale europea di oggi, quella di S&P Global Ratings è forse quella che lascia meno margini di dubbio sulla necessità di un allentamento più deciso della politica monetaria, come auspicato di recente anche dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Per S&P, la fiducia rimane sorprendentemente bassa in Europa nonostante si stia assistendo a una ripresa della crescita, a un tasso di occupazione più alto di sempre e a un’inflazione nuovamente sotto controllo. “Occorre effettuare un taglio di 25 punti base questa settimana e impegnarsi a procedere con ulteriori tagli fino a quando il tasso di deposito non raggiungerà la neutralità”, è la strada indicata da S&P. 

Su questa traiettoria, su cui ormai concordano osservatori di mercato ma anche gli economisti più prudenti, non c’è, però, certezza poiché Christine Lagarde ha ribadito che la Bce continuerà ad adottare l’approccio basato sui dati, perché non si sa mai quali sorprese possa riservare l’inflazione con tutte le tensioni geopolitiche ci sono in giro (l’ultimo dato sull’indice dei prezzi nell’Eurozona è poco al di sopra del target del 2 per cento mentre l’inflazione Usa è risalita al 2,7 per cento). Eppure questo meeting di fine anno qualche sorpresa potrebbe rivelarla, se non altro perché l’Eurozona è alle prese con una debole crescita economica  – in particolare nelle principali economie come Germania, Italia e Francia – dove il debole sentiment delle imprese è quello che contribuisce maggiormente a tenere bassa la fiducia in tutta l’area. 

 

In più, rispetto a qualche tempo fa, ci sono almeno due fronti politici caldi di cui l’Eurotower dovrà tenere conto. Il primo è rappresentato dal ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, che rappresenta un ritorno all’imprevedibilità. Quanto peserà la minaccia dei dazi sulla politica monetaria della Bce è una domanda che è lecito porsi, e alla quale Lagarde sarà molto probabilmente chiamata a rispondere nella conferenza stampa post meeting di oggi. Per adesso, l’ipotesi più accreditata sul mercato è che i tagli dei tassi potrebbero accelerare nella prossima primavera quando la politica commerciale di Trump diventerà più chiara. Il secondo fronte politico aperto è quello francese. In passato è sempre stata l’Italia la principale fonte di preoccupazione dell’Eurotower per quanto riguarda l’impatto dell’andamento dei tassi d’interesse sullo spread sovrano. Ma le cose sono cambiate. Mentre il differenziale tra Btp e Bund è sempre più in discesa, al punto che potrebbe presto toccare “quota 100”, quello tra gli Oat francesi e i titoli tedeschi si sta progressivamente allargando per effetto della crisi politica francese. Come fa notare un’analisi di Neuberger Berman, lo spread francese “è balzato da 74 punti base a fine ottobre a 88 punti proprio alla vigilia della caduta del governo Barnier, per poi tornare di recente al livello iniziale dopo che il presidente Macron ha respinto l’ipotesi di dimissioni, ha annunciato che il bilancio 2024 sarà rinnovato e ha affermato che un nuovo primo ministro verrà nominato molto presto”. Inoltre, il partito socialista ha aperto la porta a un negoziato per entrare nella coalizione di governo. Una coalizione così allargata avrà una maggioranza assoluta che garantirà la stabilità “fattore – osserva Neuberger - che il mercato interpreta positivamente e che implica che la Bce non dovrebbe tenere conto dell’instabilità politica francese”. Ma questa coalizione “allargata” avrà difficoltà a trovare un accordo sulle riforme chiave e ridurrà solo in parte la spesa pubblica, “il che implica un calo della fiducia delle imprese, un indebolimento dell’attività e spiega la sottoperformance dei titoli francesi”, conclude. 

In definitiva, nell’Eurozona i rischi sull’inflazione sono in calo mentre sono in aumento quelli sulla crescita, motivo per cui all’interno del board della Bce il fronte delle colombe ha cominciato a spingere per un taglio di 50 punti base. Ma, stando alle previsioni della vigilia, a prevalere saranno ancora una volta i falchi, i quali puntano a limitare il taglio a 0,25 e si oppongono a indicazioni prospettiche sui tassi, il ritorno alla cosiddetta “guidance” ormai invocato da più parti.

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