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l'analisi

Non è con la flat tax che si fanno rientrare i capitali dall'estero

Nicola Rossi

Nata nel 2017 per attrarre capitali esteri, l'iniziativa italiana ha interessato finora circa mille individui e non si può dire che abbia lasciato una traccia di qualche decisivo rilievo nel sistema. Molti di più sono stati gli effetti derivanti dalla Brexit

La sola invarianza in termini reali dell’imposta sostitutiva a carico dei cosiddetti high net worth non residents (Hnwi) – degli individui particolarmente abbienti che fissino in Italia la loro residenza fiscale – avrebbe comportato il passaggio dagli originari 100 mila euro a poco più di 125 mila euro (annui per 15 anni). Difficile quindi attribuire alla decisione del governo di portare l’imposta sostitutiva a 200 mila euro significati particolari, tantomeno quello di spostare genericamente il baricentro della tassazione sui redditi più elevati, rientrando la decisione stessa più nell’ambito della manutenzione ordinaria del sistema che in quello di una sua sostanziale modifica. Del resto, l’imposta sostitutiva in parola, nata nel 2017 per attrarre capitali esteri, a oggi ha interessato circa mille individui e non si può dire che abbia lasciato una traccia di qualche decisivo rilievo nel sistema nonostante i potenziali indubbi vantaggi per contribuenti con specifiche caratteristiche legati, fra l’altro, anche al trattamento particolarmente (eccessivamente) favorevole dei componenti del nucleo familiare diversi dal principale percettore di reddito.  

Gli stessi impatti sul mercato immobiliare milanese – secondo alcuni drogato dall’arrivo degli Hnwi – sembrerebbero essere riconducibili molto di più alle conseguenze della Brexit (e allo spostamento di personale di istituzioni finanziarie nelle capitali europei) che non allo stabilirsi in massa di individui facoltosi nella Penisola.

La realtà è che con la scelta del 2017 l’Italia si è comprensibilmente posta su un terreno su cui altri erano già presenti da qualche tempo o lo sarebbero stati in breve. Il Portogallo, per esempio, già dal 2009. La Grecia dal 2020. In qualche misura la Francia nel 2018. E, forse, soprattutto il Regno Unito che peraltro, a seguito dello scandalo che ha investito la moglie dell’ex premier britannico Rishi Sunak, dovrebbe abbandonare il campo a partire dal 2025 (rendendo così l’Italia una destinazione interessante per alcuni suoi facoltosi contribuenti). Ma non è detto che questa modalità di attrazione dei capitali esteri abbia davanti a sé un brillante futuro. L’imposta di solidarietà sui grandi patrimoni introdotta, in via temporanea dalla Spagna nel 2022 e ormai sostanzialmente permanente, è applicabile – in aggiunta alla patrimoniale ordinaria – anche ai patrimoni degli individui non residenti pari o superiori ai 3 milioni di euro. Non sarebbe poi così strano se la scelta spagnola facesse tendenza e se il fisco dei paesi di origine degli Hnwi recuperasse per questa via in tutto, in parte (o anche in eccesso) il gettito perso. Muoversi per ridurre il carico fiscale può anche essere una scelta saggia, purché – con Eugenio Montale – si sia certi di non lasciarsi nulla alle spalle. Per altro verso, sarebbe veramente ironico se per attrarre il capitale altrui si aprisse la strada a una tassazione addizionale dei capitali domestici.

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