emergenza trasporti
Aprire il mercato delle licenze dei taxi si può, basta guardare Madrid
La mancata apertura del settore sta danneggiando il turismo e la libertà di movimento delle persone. Dalla consulta arriva la possibile soluzione
Nelle ultime settimane la carenza di taxi e servizi di mobilità non di linea è sempre più evidente. È chiaro che siamo di fronte a un periodo complesso, ma la mancata apertura del settore sta danneggiando il turismo e la libertà di movimento delle persone. I disservizi sono già stati sottolineati non solo dall’Antitrust, ma anche da una recente sentenza della Corte costituzionale che evidenzia come “l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all’esigenza di far fronte a una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione”. La domanda è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni, ma lo stesso non si può dire dell’offerta. Solo per citare l’esempio delle due principali città italiane, Roma e Milano, sono quasi 20 anni che non si emettono nuove licenze.
C’è da sottolineare che storicamente queste licenze sono state quasi sempre date gratuitamente dai comuni ai tassisti. Ma la situazione italiana è davvero paradossale, perché i comuni per anni non hanno emesso nuove licenze, mentre i governi non sono stati in grado di fare riforme del settore, come chiede implicitamente la stessa Corte costituzionale. Il governo è intervenuto lo scorso anno con il dl “Asset”, che prevede la possibilità di aumentare del 20 per cento il numero delle licenze, ma c’è da sottolineare che i comuni avrebbero potuto emetterle già prima. Non è un caso che Roma, dove le code nelle stazioni o all’aeroporto sono sempre più al centro dell’attenzione dei media internazionali e dei turisti, stia emettendo 1.000 nuove licenze. In cambio, il sindaco sta elevando la tariffa minima a 9 euro e aumentando la tariffa verso gli aeroporti. Nella città metropolitana di Roma abbiamo 7.800 taxi e l’emissione di queste nuove licenze non verrà effettuata tramite il dl “Asset”, ma tramite la procedura già esistente.
Anche per questo motivo, l’introito della vendita delle licenze (oltre 60 milioni di euro) andrà all’80 per cento ai tassisti già presenti e non al 100 per cento, come previsto invece dal dl “Asset” (come compensazione per la perdita di valore della licenza stessa). Valore della licenza che è difficilmente spiegabile, dato che il reddito lordo mensile dichiarato dai tassisti a Roma è stato di circa 1.000 euro al mese (fonte: Il Sole 24 ore). Nella Comunidad Autonoma de Madrid abbiamo circa 6 milioni di abitanti e Roma ha circa il 75 per cento in più di presenze turistiche. Nel caso della capitale spagnola abbiamo circa 16 mila taxi e 9 mila Ncc. In questo mercato le licenze dei taxi possono essere rivendute (cosa che non succede in diversi mercati europei) e vi è la possibilità di acquistare le licenze direttamente dal settore pubblico a un prezzo fissato. Questo è diverso da altri paesi europei, dove il prezzo di una nuova licenza può essere pari a zero, come è successo per tanti anni anche in Italia (fino alla riforma Bersani). A Madrid esistono diverse piattaforme in concorrenza, quali Uber o Bolt e poi esistono anche delle piattaforme di taxi come Freenow o Cabify. La concorrenza esiste dunque anche per le piattaforme ed è particolarmente forte, visto il gran numero di licenze taxi e autorizzazioni Ncc. A Madrid, le licenze sono poi utilizzate su più turni, e in molti casi vi sono diverse persone che utilizzano la licenza arrivando a raddoppiare de facto il numero dei taxi circolanti. Questo ci permette di fare alcune stime, adottando il modello Madrid, anche per Roma: se consideriamo che in realtà le licenze “reali”, per via del fatto che ognuna è utilizzata da almeno due guidatori, solo considerando questo parametro, a Roma dovremmo avere oltre 20 mila licenze taxi. La politica a livello locale non è stata in grado di aumentare in maniera sufficiente il numero delle licenze, mentre a livello nazionale non è stata in grado di fare una riforma complessiva. La Corte costituzionale ci indica però una soluzione che è quella di aprire il mercato degli Ncc (come è stato fatto in Francia) in modo che l’offerta si adegui alla domanda. Sta alla politica ascoltare la Consulta, che ha evidenziato le criticità di un settore importante per la mobilità.