La sede d'esame del concorso per navigator nel 2019 (LaPresse)

La lettera

I privati, il pubblico e la ricerca del lavoro. Che fare? Il dialogo con l'Anpal

"Oggi siamo in grado di stimare il rischio di ogni disoccupato di non trovare lavoro per oltre un anno", scrive al Foglio il commissario per le politiche attive. "Ma la politica ha sempre tagliato le ali all'Agenzia", risponde Giannino

Al direttore - Ritengo opportune alcune precisazioni sul contributo di Oscar Giannino del 20 maggio. In esso si afferma una visione di un “deficitario bilancio” del “Programma Gol” contraria all’evidenza dei dati. Partirei dalla presa in carico dei lavoratori, profondamente rinnovata: sfruttando le banche dati, oggi siamo in grado di stimare con rigore il rischio di ciascun disoccupato di non trovare lavoro per oltre un anno. Stimato tale rischio, si indagano le diverse aree utili a migliorare l’occupabilità: esperienze professionali, competenze digitali e linguistiche, formazione, ostacoli extra-lavorativi (es., carichi di cura). È la prima volta che succede nel nostro paese ed è la prima volta che succede in tutto il Paese, da Bolzano alla Sicilia. E i dati finiscono nel sistema informativo nazionale, nella prospettiva dell’agognato fascicolo elettronico personale.

È un sistema che oggi ci invidiano in Europa, come testimonia una recente valutazione del Network dei centri per l’impiego europei. Gli scettici sostenevano che investendo sui servizi pubblici, avremmo perso i soldi del Pnrr: ebbene credo si tratti di uno dei pochi programmi, se non l’unico, in cui il target fissato dalla Commissione UE sia stato non solo raggiunto, ma addirittura doppiato entro il termine previsto della fine dell’anno. Oggi siamo a più di un milione di beneficiari. Quanto all’“errore clamoroso” di insistere sui servizi pubblici, va sfatata un’altra bufala: l’intero budget del Programma – 4,4 miliardi di euro – è destinato al sistema privato delle agenzie per il lavoro, ma anche e soprattutto enti per la formazione. Questa è l’altra grande innovazione: per la prima volta, le politiche per la formazione sono parte integrante del sistema delle politiche attive. Oggi stiamo sperimentando uno strumento analitico che permette di restituire il deficit di competenze da coprire con specifica formazione, sulla base delle richieste dei datori di lavoro. La formazione poi la fanno i privati e, spesso, anche l’accompagnamento al lavoro. Ma in un modello di relazione con il pubblico di natura cooperativa e non competitiva, che invece produce solo fenomeni di cherry picking (lo scegliersi le “ciliegie migliori” da parte dei privati), rendendo i servizi pubblici sostanzialmente un ghetto per i difficilmente occupabili. Che effetti produce tutto ciò in termini di occupazione?

I primi risultati sono incoraggianti: a sei mesi dalla presa in carico, il 38 per cento dei lavoratori ha avuto almeno un rapporto di lavoro e il 30,4 per cento lo ha mantenuto. È un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Se il metro di paragone è la valutazione ex-ante della probabilità di trovare lavoro nell’anno (stimata sui 3,4 milioni registratisi quali disoccupati prima della pandemia), risultano work ready solo il 19 per cento. Nello specifico dei beneficiari del reddito di cittadinanza, si scende al 3 per cento. Certo, se dopo sei mesi, siamo tra il 30 e il 40 per cento, non è solo merito del Programma, che incrocia una fase favorevole del mercato del lavoro. Ma indubbiamente, il bilancio non può che dirsi positivo.
Raffaele Tangorra 
commissario straordinario Anpal



Risponde Oscar Giannino. Ringrazio il commissario Tangorra e l’ex ministro Orlando per l’attenzione dedicata al mio pezzo sull’imminente funerale di Anpal. No, caro Orlando, non ci sono “pecche di superificialità e approssimazione pregiudiziale”, come lei afferma. Né ho messo in dubbio la sua equa tutela per tutti i lavoratori, che con la fine di Anpal nulla a che fare. Quanto lei scrive sulle difficoltà di Anpal di potersi ben gestire per affrontare i compiti in teoria affidatigli, a cominciare dall’impossibilità di avere piena autonomia nelle risorse umane necessarie, è la piena conferma che la politica ha diuturnamente lavorato per tagliare le ali all’Agenzia. E comunque neanche di questo ho scritto: bensì del fatto che un’Agenzia terza indipendente era necessaria visto il disastroso stato delle competenze concorrenti Regioni-Stato, mentre la politica ha preferito ricentrare tutto al ministero del Lavoro e da questo nasce il funerale di Anpal. A dividerci è una visione: quella di un’offerta di servizi di politiche attive – formazione e ricollocamento – con risorse affidate con procedure trasparenti di gara a chi tra centri per l’impiego (Cpi) e agenzie per il lavoro (Apl) private sa far meglio. E i numeri dicono che chi sa far meglio sono le Apl. Nelle procedure di gara del mio mondo ideale, caro Tangorra, l’esperienza problematica del cherry picking a cui si riferisce, avvenuta in Uk con Apl private che si “sceglievano” i lavoratori meglio formati per ricollocarli più facilmente e così ottenere grants, è da tenere in seria considerazione per scrivere i bandi gara, non per credere che i Cpi pubblici siano migliori.

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