Editoriali

Ottimismo americano. L'inflazione rallenta

Redazione

Negli Stati Uniti calano i prezzi, dopo due anni, e per l’Ue ora arrivano buone notizie

L’inflazione negli Stati Uniti dà segni chiari di rallentamento, con il picco già alle spalle come ha indicato il rilevamento dei prezzi di dicembre. I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono scesi per la prima volta in oltre due anni e mezzo grazie alla flessione dei prezzi per la benzina e altri beni, lasciando intravedere un trend di riduzione per l’inflazione. Il risultato – che ha spinto le Borse europee a chiudere in rialzo – arriva senza che ci siano stati sacrifici di rilievo né provvedimenti drastici e lo stesso mercato del lavoro si è mosso con dinamismo in un’evidente tensione al rialzo dei salari, ben fondata nell’andamento delle determinanti fondamentali di domanda e offerta.

 

Nulla a che fare, insomma, con precedenti e traumatici di inflazione in grado di travolgere l’ordinato sviluppo economico, di erodere posizioni finanziarie, di intaccare la fiducia delle famiglie e, da ultimo, travolgere gli assetti politici. Questa volta presidenza e Banca centrale si sono mosse con accortezza, più la prima che la seconda, e non hanno rinunciato a strumenti considerati fortemente interventisti, come l’uso della leva fiscale per contenere il prezzo dei carburanti. Entrambi, Casa Bianca e Banca centrale, sapevano che a presentare il conto era anche la fine di una stagione della globalizzazione, quella che contribuiva a calmierare i prezzi grazie alla spinta competitiva dei paesi di nuova e impetuosa industrializzazione.

 

E’ andata così ed è limitato l’apporto della politica monetaria in senso stretto e di conseguenza i tassi americani restano quasi espansivi. La Fed fa dire ad alcuni suoi esponenti di punta che il suo obiettivo resta l’inflazione al 2 per cento. Ma i mercati non recepiscono queste frasi come eccessivamente minacciose sul fronte dei tassi e fanno bene.

  

Dalle nostre parti c’è purtroppo meno spazio fiscale, il caso italiano è lampante, e meno rapidità di trasmissione degli effetti concorrenziali, mentre il mercato del lavoro ancora non ha giocato tutte le sue carte. Da qui la maggiore prudenza della Bce. Ma, ovviamente, un distacco eccessivo e durevole della politica monetaria europea da quella americana non sarebbe sostenibile.

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