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l'analisi

Quanto l'Italia (e l'Europa) sono esposte ai ricatti del Qatar sul gas

Luca Roberto

A causa del possibile divieto di visite diplomatiche al Parlamento europeo, l'emirato ha minacciato ritorsioni. Ecco qual è il peso economico delle importazioni da Doha per il nostro paese e per gli altri stati membri dell'Ue

L'Ue si blinda contro le ingerenze del Qatar, prendendo in considerazione l'ipotesi di sospendere le visite degli emissari del paese del Golfo al Parlamento europeo dopo lo scandalo di corruzione che ha coinvolto alcuni europarlamentari. E il Qatar come risponde? "Minacciando" le istituzioni europee di possibili ritorsioni, come per esempio la sospensione o riduzione nelle forniture di gas. Semplificando molto, è quanto accaduto tra Bruxelles e Doha tra giovedì e oggi, anche se la questione è molto più intricata di così. E per adesso non passa che da un comunicato tutto da interpretare in cui le autorità qatarine mettono in guardia l'Unione (e i paesi europei) da scelte unilaterali.

 

Giovedì il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con la quale chiede "con urgenza che i titoli di accesso dei rappresentanti degli interessi del Qatar siano sospesi". Questo almeno fino a che le indagini delle autorità belghe non si siano concluse. Tanto è bastato perché un emissario diplomatico del governo qatarino, intervenuto in una trasmissione del paese, abbia commentato dicendo che "la decisione di imporre una tale restrizione discriminatoria al Qatar, limitando il dialogo e la cooperazione prima della fine del procedimento giudiziario, avrà un effetto negativo sulla cooperazione in materia di sicurezza regionale e globale, nonché sulle discussioni in corso sulla crisi energetica globale e sulla sicurezza". La dichiarazione ha dei contorni piuttosto laschi, ma si riferisce a un fenonemo e a un trend che sono un dato di fatto. 

 

Negli ultimi anni l'esposizione dell'Italia (e dei paesi europei) rispetto alle importazioni di gas dal Qatar è cresciuta. Secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2019 abbiamo importato 6,8 miliardi di metri cubi di Gnl, il 9,4 per cento di tutto il gas che importiamo dall'estero (tra liquido trasportato con le navi e gas che passa attraverso i gasdotti). Il Qatar, di fatti, è il principale rifornitore di Gnl utilizzato dall'Italia, che viene rigassificato nell'impianto Adriatic Lng di Porto Viro, in provincia di Rovigo, di proprietà di Edison ma in cui la Qatar Terminal Company è presente con il 22 per cento delle partecipazioni azionarie. Ma considerando tutte le fonti di approvvigionamento gasiero, il Qatar è comunque il quarto fornitore dell'Italia (dopo Russia, Stati Uniti e Azerbaijan). Una fotografia scattata prima della guerra in Ucraina, che come sappiamo ha di molto complicato il quadro delle relazioni commerciali internazionali.

 

Lo scorso marzo, in cerca di gas che potesse sostituire quello russo, tra i vari accordi sottoscritti dall'allora ministro Luigi Di Maio ci fu anche quello con il Qatar, che prevedeva l'immissione di ulteriori 5 miliardi di metri cubi di gas liquido in arrivo da Doha. Una prospettiva che a regime avrebbe dovuto prevedere l'installazione di nuovi rigassificatori, perché quello di Porto Viro ha una capacità massima di 9 miliardi di metri cubi all'anno e non sarebbe stato in grado di soddisfare la nuova quantità offerta. Quest'anno la quota delle importazioni di gas dal Qatar dovrebbe raggiungere, secondo alcune stime, una quota tra il 13 e il 14 per cento. E l'anno prossimo è destinata a crescere.

 

Ma anche a livello europeo il tema è sentito. Secondo una stima della Commissione europea, solo nel 2022, anno in cui si è cercato di diminuire la dipendenza dal gas russo, il 5 per cento delle importazioni di Gnl in Europa provenivano dall'emirato (subito dopo, come volumi di affari, agli Stati Uniti). A novembre, poi, in preda a una smania da sostituzione del gas russo, la Germania ha firmato un accordo con Doha che prevede il rifornimento di oltre 2 miliardi di metri cubi all'anno di gas liquefatto. E che entrerà a regime nel 2026.

  

Se sia giusto continuare a comprare gas da un regime che cerca di inflitrarsi all'interno delle istituzioni europee, spinti come si è a disfarsi della dipendenza da un'autocrazia come la Russia, è un tema ancora tutto da dibattere. In Germania, per esempio, lo hanno chiesto al ministro dell'Economia e della Protezione climatica Robert Habeck, esponente dei Verdi. "Gli scambi commerciali con gli altri paesi devono essere sempre bilanciati con le conseguenze morali in cui ci si immerge ma allo stesso tempo bisogna guardare alla sicurezza dei rifornimenti. E in questo caso, che riguarda l'acquisto del gas, l'Europa e la Germania hanno un interesse nella compensazione per le perdite del gas russo. Quindi dobbiamo fare una distinzione", ha detto. Dando a intendere che la sicurezza energetica del continente sia troppo importante per essere messa in discussione dallo scandalo che ha travolto Strasburgo.

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