Foto di Daniel Niemann, via LaPresse 

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Zucchero, carta igienica e pane: l'inflazione rende i tedeschi creativi

Daniel Mosseri

Un esempio su tutti dell'inventiva tedesca contro la crisi energetica è l'Inflationsbrot, una "rotonda pagnotta-carovita" che costa meno delle altre perché frutto di una ricetta semplice e senza troppi ingredienti

Berlino. Per primi si sono mossi gli zuccherifici tedeschi, un’industria tanto grande quanto poco appariscente. Quando si dice industria in Germania la mente corre subito all’automotive e alla chimica ma la Repubblica federale è anche il primo produttore europeo del dolcificante bianco: 4,6 milioni di tonnellate nell’ultimo anno commerciale (2021/22) tallonata dalla Francia a quota 4,5 milioni. Con 200 mila tonnellate, per inciso, l’Italia non entra neanche in gara.

 

Per estrarre lo zucchero dalla barbabietola serve molta energia: in anni recenti i quattro grandi produttori tedeschi di zucchero hanno investito decine di migliaia di euro per abbandonare il carbone, che inquina troppo, e passare al metano; ma adesso che una nuova campagna saccarifera sta per cominciare – l’anno dello zucchero in Europa parte il primo ottobre – la crisi energetica rischia di lasciare Nordzucker, Südzucker, Cosun Beet e Pfeifer & Langen con il cerino in mano. Una prospettiva spaventosa non solo per i tedeschi ma anche per l’agroalimentare italiano, avido importare di zucchero made in Germany. 

 

I quattro giganti tedeschi si sono allora rivolti all’autorità federale per la concorrenza. E il Bundeskartellamt, che nel 2014 aveva comminato una multa da 280 milioni a tre delle quattro aziende per aver ordito pratiche di cartello, questa volta ha detto sì. In caso di interruzione dell’approvvigionamento di gas e blocco della produzione, le quattro aziende potranno mettere a disposizione reciproca le proprie capacità produttive. In soldoni: se il tuo zuccherificio deve chiudere perché non c’è più gas, portami le tue barbabietole che poi ci penso io. 

 

Quella degli zuccherifici è una misura preventiva – la campagna saccarifera si conclude di norma a febbraio quando la domanda di gas per uso domestico raggiunge il massimo – ma in Germania c’è chi sta già facendo i conti con la crisi energetica. Fra tutti, i fornai sono in grave difficoltà, azzoppati dal caro-farina prima e poi messi in ginocchio dal caro-energia. Agli onori delle cronache è così balzato Mario Fritzen, che nella sua panetteria di Kürten, a est di Colonia, ha lanciato l’Inflationsbrot, una rotonda pagnotta-carovita che come riportato dal canale Ard costa 2,50 euro per 750 grammi, ossia “significativamente di meno delle altre specialità”.

 

Un prodotto per chi, anche nel pieno della crisi energetica e inflattiva, non rinuncia ad acquistare il pane nelle solitamente costose panetterie artigianali tedesche. Fritzen ha spiegato che il suo Inflationsbrot “è frutto di una ricetta semplice, senza troppi ingredienti”. Ma al telegiornale è finito anche il suo collega Roland Schüren di Hilden, nei pressi di Düsseldorf, che produce pane fresco risparmiando farina perché utilizza per il 20 per cento il pane avanzato del giorno prima “che naturalmente abbiamo asciugato, macinato e tostato”. 

 

La speranza di Herr Schüren è che i clienti che vengono per questo pane “comprino anche qualcos’altro nel nostro negozio”. Di certo i fornai tedeschi stanno dando prova di creatività: Michael Tenk da Südlohn, sul confine con l’Olanda, non risparmia sugli ingredienti ma fa sponsorizzare il suo pane da un’impresa di costruzioni. Lo sponsor si fa carico di 50 centesimi a pagnotta in cambio di visibilità per il suo logo e il suo sito web sul cartellino del prezzo. Il peggio però è ancora da venire, spiega ancora Ard, ricordando che, secondo l’Associazione dei panettieri tedeschi (Zdb), il 70 per cento dei suoi iscritti usa il metano in cottura.

 

E dal primo ottobre scatta in Germania la Gasumlage, la temuta sovratariffa da 2,49 centesimi a kilowattora per tutti gli utenti del gas. Una misura voluta dal governo per finanziare il salvataggio dei grandi fornitori di metano come Uniper e Vng che dall’inizio del conflitto russo-ucraino perdono milioni di euro ogni giorno a causa del caro-gas su scala globale.

 

Meno nobile di zucchero e pane, un altro prodotto di cui si era molto parlato durante i lockdown contro il coronavirus è tornato alla ribalta: la carta igienica. Ieri mancava causa accaparramento, oggi invece è troppo cara causa caro-polpa di legno. Un componente che il produttore Hackle, oggi sull’orlo della bancarotta per il caro-tutto, sta cercando di sostituire con meno pregiati fondi di caffè. “Puntiamo al 20-25 per cento”, ha affermato all’Afp Karen Jung, la numero uno del marketing di Hackle. “Così utilizzeremo un quarto di alberi in meno”.

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