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caro energia

Un'agenda anti bollette

Annalisa Chirico

Ci sono soluzioni concrete per dare una sberla all’inflazione? E si può tamponare il caro energia senza giocare con il debito? Girotondo tra imprenditori, manager e associazioni per governare la grande paura

Con i prezzi del gas alle stelle, le aziende sono letteralmente alla canna del gas. Semplice: se produrre costa troppo, se le bollette si decuplicano, meglio chiudere in attesa di tempi migliori. Le Confindustrie di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte hanno quantificato in 40 miliardi di euro gli extracosti dovuti ai prezzi esorbitanti di elettricità e gas. “La crisi energetica ha un impatto duplice sull’industria chimica – spiega al Foglio il presidente di Federchimica Paolo Lamberti – Nel nostro caso, i combustibili fossili (petrolio e gas naturale) rappresentano non solo fonti energetiche ma anche materie prime.

 

La chimica è il primo settore industriale per consumo di gas e il secondo per consumo di energia elettrica. Prima dell’attuale shock energetico, il costo dell’energia aveva un’incidenza sul valore della produzione pari all’11 percento, la più elevata nel panorama industriale e con punte ben più elevate in alcune produzioni. Alcuni comparti chimici (gas tecnici, fertilizzanti, abrasivi, colorifici ceramici e così via) e le imprese della chimica di base, produttrici di sostanze come ammoniaca, acido solforico e cloro soda, sono altamente energivori, ma praticamente quasi tutti i settori superano il 2 percento di incidenza dei costi sul fatturato, indicata come soglia dai decreti energivori. L’escalation incontrollata che ha condotto alla decuplicazione dei prezzi del gas sui mercati ha avuto un impatto notevole sulle imprese chimiche: in tanti si trovano a dover ridurre i livelli di produzione e  per alcuni si fa sempre più consistente l’ipotesi di un’interruzione, che avrebbe effetti nefasti su tutto il manifatturiero, data la posizione prominente della chimica per quasi tutte le filiere produttive”.

 

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha invocato un intervento “immediato” del governo Draghi per varare nuove misure. Quali sono le vostre priorità? “Una situazione tanto drammatica, che impatta anche sulla competitività delle aziende italiane nel mercato globale, richiederebbe l’adozione di strumenti altrettanto emergenziali: servirebbe un piano di riduzione dei consumi di gas, con l’obiettivo di calmierare l’escalation dei prezzi. Inoltre, è indispensabile mantenere un approccio coordinato a livello europeo, con riferimento in particolare al ‘price cap’. Come settore chimico, proponiamo da tempo la sostituzione del metano come materia prima in alcune produzioni o anche come combustibile ma, nonostante gli sforzi congiunti con Confindustria – che molto si è spesa per rappresentare la drammaticità della situazione e le sue ripercussioni –  le normative vigenti in tema di autorizzazione all’esercizio degli impianti industriali non lo hanno finora consentito. Sarebbe necessaria una dichiarazione nazionale di adeguato livello di emergenza, come richiesto anche dal presidente Bonomi”. 


Non se la passa meglio la filiera cartaria. “Al governo – dichiara il presidente di Assocarta Lorenzo Poli – chiediamo di essere messi nelle condizioni di continuare a fare il nostro mestiere di imprenditori. Vogliamo mantenere il primato del 2021 come secondo produttore di carta in Europa con una capacità di riciclo pari a sei milioni di tonnellate di carta ogni anno”. Quali sono le vostre proposte contro il caro energia? “Innanzitutto c’è bisogno di un ‘price cap’ a livello europeo. Bisogna disaccoppiare il prezzo del gas e quello delle rinnovabili, e anche in questo caso bisogna agire a livello europeo: altrimenti perché esiste il mercato unico? E’ necessario, a livello nazionale, estendere al quarto trimestre il credito d’imposta per il caro energia”. Si può intervenire sul mercato di Amsterdam dove i prezzi sono determinati dal gioco di domanda e offerta? “In quel caso servirebbero maggiore trasparenza e informazione sui contratti – e sono tanti – che non sono ‘negoziati’ sulla piattaforma Ttf (“Title transfer facility”, ndr). C’è poi il tema dell’electricity release a valere sull’energia rinnovabile, che è già nella disponibilità del Gestore dei servizi energetici (dai 17 ai 25 TWh), dando la priorità agli energivori.

 

Ovviamente il prezzo di ritiro da parte del Gse è stato di molto inferiore alle quotazioni odierne e, quindi andrebbe ‘rivenduto’ ad un prezzo ragionevole agli energivori, esattamente come ha fatto la Francia utilizzando l’elettricità prodotta da nucleare. Sarebbe inoltre auspicabile autorizzare, in via generale, l’utilizzo di altri combustibili (da biomassa, il combustibile solido secondario da rifiuti, e gli stessi oli combustibili) da parte degli impianti industriali ai fini del soddisfacimento del relativo fabbisogno energetico. La misura attua gli indirizzi europei per affrontare la crisi energetica legata all’invasione russa dell’Ucraina”. C’è poi l’annoso problema del gas nazionale non estratto. “Nella fase che viviamo, tutto il gas supplementare estraibile dai giacimenti nazionali andrebbe effettivamente impiegato assicurando che i prezzi offerti dagli operatori riflettano i costi marginali di estrazione. Andrebbe aumentato il quantitativo offerto all’interno del meccanismo attraverso il gas di nuova importazione, riservando una quota dei contratti che il governo sta concludendo per limitare la dipendenza dalla Russia a tale meccanismo e curando che il prezzo offerto rifletta i reali costi di trasporto ed estrazione”.

 

Il governo Draghi sta facendo abbastanza? “L’Italia è un paese trasformatore e le aziende manifatturiere rischiano di perdere contratti e, quel che è peggio, interi mercati. Da una parte, pesa la mancanza di un’azione europea efficace al tema energia (Spagna e Francia stanno sostenendo le loro imprese), dall’altra, dobbiamo guardarci dalla concorrenza esterna all’Europa, Turchia e Cina in testa. Anche per questo, sarebbe di enorme aiuto predisporre un sistema di garanzia pubblico per rinnovare i contratti di fornitura gas per il nuovo anno termico che parte dal primo ottobre. Sace, per esempio, potrebbe offrire un servizio di copertura per l’emissione di collaterali per l’acquisto di gas naturale per un importo pari ad una frazione del differenziale tra il valore a termine attuale e il prezzo medio del periodo ottobre 2020/settembre 2021. Tali strumenti sono erogabili a supporto dei contratti di approvvigionamento gas all’ingrosso (in favore dei fornitori) e dei contratti di acquisto gas sul mercato retail (in favore dei consumatori). In questo modo, si sosterrebbe il mercato dell’energia e, soprattutto, si consentirebbe a molte imprese, quelle energivore e gasivore in particolar modo, di accedere alle forniture che, in questo momento, non sono rinnovate sia per la scarsezza di gas naturale riportata da trader e shipper sia per l’incertezza delle condizioni future e la relativa continuità della produzione dei clienti”. 


Secondo il presidente di Federacciai Antonio Gozzi, numero uno di Duferco, “c’è preoccupazione per l’esplosione del prezzo energia che porta ad andare a marcia ridotta, lavoriamo a velocità dimezzata, con l’ipotesi di arrivare alla chiusura totale nel caso di prosecuzione della crisi. E’ una situazione assai grave perché le aziende del settore devono fronteggiare una competizione globale, non solo italiana. Chi ha a che fare con competitor in Cina, Canada e Stati uniti, si trova a dover competere con aziende che hanno costi dell’energia dieci volte inferiori. Per paradosso, le aziende migliori sono le più penalizzate. Quanto alle proposte, è necessario procedere, senza incertezze, sul price cap europeo del gas. In due giorni, la parziale apertura dei tedeschi ha portato a una riduzione del prezzo del gas. Adesso anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen parla di tetto europeo al prezzo del gas, ma il presidente Mario Draghi ne parlava già lo scorso marzo nel  vertice europeo di Versailles, ci sono voluti cinque mesi perché gli europei si svegliassero".

 

"L’Europa si è accorta in colpevole ritardo di un’emergenza ampiamente prevedibile, e ciò contribuisce a creare asimmetrie impressionanti. Le aziende energivore spagnole e francesi pagano bollette sette o otto volte inferiori a quelle italiane. È accettabile che tali discrepanze si creino nel mercato unico? Resta poi da applicare la direttiva europea che prevede indennizzi europei per le imprese disposte a ridurre il consumo del gas: attendiamo di conoscere le modalità per ottenere questo incentivo. Quanto al governo italiano, uno dei decreti di marzo ha fissato il principio di ‘electricity release’, individuato dal Gse, ma siamo ancora in attesa dei decreti attuativi. Numerose aziende, non solo nel comparto siderurgico, non hanno ancora firmato i contratti gas per il nuovo anno termico che inizia ad ottobre".

 

"Diversi grandi operatori non offrono, e quelli che offrono ti chiedono due o tre mesi di fideiussioni. Considerando che sono a rischio aziende profittevoli come quelle della ceramica, chiediamo al governo di fornire garanzie pubbliche, con il supporto di Sace. Eurofer, che raccoglie le aziende siderurgiche europee, chiede anche la sospensione del meccanismo Ets i cui prezzi sono chiaramente frutto di speculazione. Abolirlo è difficile, il mainstream europeo si opporrebbe, ma è positiva la proposta, avanzata dal premier spagnolo Pedro Sánchez, che intende escludere banche e fondi dal mercato dei certificati per l’emissione di Co2, riservandolo esclusivamente a imprese e utilities. Perché dovremmo trasformare una vicenda industriale in una questione finanziaria? Come si può fare industria in un ambiente così volatile dove i futures possono spingere in alto o in basso i prezzi, senza alcun ancoraggio con l’economia reale? C’è un eccesso di finanziarizzazione, unita alla sudditanza della burocrazia europea al mondo finanziario”. 

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