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L'intervento

Nubi in vista: prendere dall'Europa solo i soldi a fondo perduto e abbattere il debito

Paolo Cirino Pomicino

Stiamo entrando in una foresta in fiamme con l’aumento dei tassi di interesse, un’inflazione oltre l’8 per cento negli Stati Uniti e oltre il 6 in Europa, una brusca frenata del tasso di crescita con un debito cumulato di oltre 2.700 miliardi. Proposte per cambiare rotta

Poco più di due anni fa avvertimmo  con un’intervista il governo dell’epoca (Conte 2) che un paese come il nostro, con un debito molto alto (2.400 miliardi di euro)  e con una crescita economica che da 25 anni non superava l’1 per cento l’anno, non poteva indebitarsi ulteriormente. Eravamo da due mesi alle prese con la fase iniziale della pandemia, eravamo già entrati nel lungo lockdown e mille paure angosciavano milioni di italiani tranne i cosiddetti No vax. Ebbene in quei momenti avvertimmo la necessità di richiamare l’attenzione delle forze politiche e del governo a un rischio grave che nello spazio di alcuni anni avrebbe portato l’Italia a sottostare alla dittatura dei mercati finanziari.

Accanto agli avvertimenti provammo a fare alcune proposte, ripetute poi anche nel libro “Il grande inganno”, che se accolte avrebbero garantito un gettito una tantum tra 150 e 200 miliardi di euro. Un gettito così forte avrebbe evitato di indebitarci, pressati come eravamo da mille incombenze tra spese sanitarie e ristori di vario tipo al sistema produttivo. Non ci fu verso di convincere chi doveva decidere, e quelli che da anni dicevano bugie sul debito degli anni 80, che al 90 per cento era nelle mani delle famiglie e delle banche italiane, consigliarono e decisero di fare debiti a gogo, tanto c’era il “quantitative easing” della Bce che acquistava i nostri titoli del debito pubblico e quelli privati “corporate”. In meno di due anni abbiamo fatto altri 300 miliardi e passa di debiti, immaginando di poter ridurre poi il rapporto debito-pil con un tasso di crescita alto mantenendo i tassi di interesse prossimi allo zero.

 

Una incoscienza difficile da ritenere colposa anche perché i ministri dell’Economia dal 1992 erano sempre banchieri centrali o d’affari o professori di Economia, mentre calava in maniera impressionante la qualità del personale politico. Eppure noi eravamo, e continuiamo a essere, un paese ricco, nel quale il 22 per cento della popolazione ha una ricchezza finanziaria di oltre 4.200 miliardi di euro al di là della ricchezza immobiliare posseduta. Una ricchezza nazionale disponibile a dare una mano al paese quando, naturalmente, la politica l’avrebbe richiesta. Da un lato, però, c’era  il populismo straccione che parlava a vanvera di patrimoniale, che avrebbe dato poco gettito e fatto scappare dal paese i capitali nazionali ed esteri, e dall’altro la maggioranza non osava disturbare la grande ricchezza nazionale per mettere a punto un accordo capace di dare quel gettito importante previsto da noi. Un gettito che, accoppiato alle risorse a fondo perduto date dall’Europa attraverso Nex Generation Eu, avrebbe sfiorato i 300 miliardi di euro senza aggiungere un solo euro di debito. 

 

Così non è stato e come previsto stiamo entrando in una foresta in fiamme con l’aumento dei tassi di interesse, un’inflazione al di sopra dell’8 per cento negli Stati Uniti e di oltre il 6 per cento in Europa, una brusca frenata del tasso di crescita con un debito cumulato di oltre 2.700 miliardi.  Sinora non si è presentata ancora una corsa all’aumento dei salari che chiuderebbe un circuito perverso capace di fare molto male al paese e a una politica del tutto inadeguata che ha lasciato nelle mani sapienti di Draghi e Franco una bomba a orologeria la cui pericolosità non è stata ancora avvertita dagli stessi (o forse, visto il degrado della politica, qualcuno pensa che la famosa Troika sarebbe una cura necessaria e migliore). In questi giorni abbiamo visto una intelligente iniziativa di Carlo Messina che sta sollecitando un “taglia debito” attraverso strumenti come i fondi immobiliari, capaci di mettere insieme il grande risparmio degli italiani e la grande ricchezza immobiliare pubblica, quasi sempre lasciata andare, e offrire così una nuova grande liquidità al sistema e rendimenti interessanti ai risparmiatori piccoli e grandi. Un’idea intelligente e coraggiosa, in particolare nel medio periodo, visti i tempi e le complicazioni burocratiche di un paese che non sa liberarsi di un formalismo giuridico per sposare la cultura di risultato, come stiamo ampiamente vedendo anche con il  Pnrr europeo.

 

Forse, però, siamo ancora in tempo per mettere insieme le nostre proposte, che hanno il pregio della immediatezza, con la proposta Messina in grado di consolidare strutturalmente i nostri conti pubblici, consentendo così di prendere dall’Europa solo i soldi a fondo perduto e di abbattere, nel contempo, di diversi punti il debito cumulato. L’alternativa è affidarsi al destino visto che stiamo correndo da tempo per diventare una grande colonia europea guidata dai nostri amici francesi.
 

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