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editoriali

La grande recessione in Russia

Redazione

A Mosca si prevede un crollo del 10 per cento del pil, il più grande dal ‘94

Nel 2022 la Russia subirà un calo del pil del 10 per cento, il crollo maggiore dal 1994, cioè dopo il caos della dissoluzione dell’Unione sovietica. E a dirlo non è l’occidente ma la Corte dei conti della Federazione, l’organo supremo di controllo statale sul bilancio che riferisce alla Duma, l’assemblea legislativa. A presiederla è Alexei Kudrin, che dal 2000 al 2011 è stato ministro delle Finanze russo e per due volte, nel 2000-2004 e nel 2007, anche vice primo ministro. Nel 2018 è stato nominato controllore dei conti pubblici. Kudrin, nato nella Lettonia sovietica, non è un oppositore del regime e almeno finora non si è opposto al Cremlino.

 

E’ però un esperto dell’economia russa e da ministro riuscì a pagare gran parte del debito estero accumulato negli anni 90. La sua previsione su una profonda recessione unita a quella di un’inflazione in rapido aumento, è stata riferite dall’agenzia statale  Ria Novosti. Il crollo a doppia cifra del pil, rispetto a una previsione pre guerra che era di una crescita del 3 per cento dopo il più 4,7 del 2021, è attribuito alle sanzioni occidentali. E più o meno coincide con le stime della World Bank, che parla di -11 per cento.  Altre fonti governative anonime hanno confidato alla Reuters che nella situazione attuale la contrazione economica potrebbe ridursi anche del 15 per cento, in linea le stime di altre istituzioni occidentali.

 

E questo considerando solo le attuali sanzioni: che cosa succederebbe se l’Europa dovesse decidere di colpire anche il gas e il petrolio, che sono le principali entrate per il Cremlino? Molto probabilmente il crollo del pil supererebbe il 20 per cento e quindi di gran lunga la recessione che ha immediatamente seguito il disfacimento dell’Unione sovietica. In queste condizioni per Vladimir Putin sarebbe molto complicato non solo riuscire a proseguire una guerra molto costosa ma anche tenere in piedi il suo sistema di potere. Se l’Europa vuole aiutare gli ucraini e stroncare il progetto imperialista e militarista di Putin deve fare uno sforzo in più: rinunciare al suo gas e al suo petrolio.

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