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I tabù da superare per una vera indipendenza energetica

Mariarosaria Marchesano

Rifiuti, gas e transizione non ideologica. Parla Macelloni, sindaco di Peccioli, simbolo delle città anti nimby

Ricordando che lo chiamavano il “Putin della Toscana”, per il suo piglio deciso di sindaco con un passato da militante comunista che non ha mai rinnegato, Renzo Macelloni, primo cittadino di Peccioli, sindaco del Pd, responsabile infrastrutture del partito nella provincia di Pisa, dove su una discarica ha costruito un sistema di smaltimento rifiuti diventato un caso nazionale, ci tiene a puntualizzare: “Mai stato fan di Putin e chi conosce la mia storia lo sa – dice al Foglio – ma oggi più che mai mi pare che il paragone fosse improprio: lui è un grande distruttore di territori, io, invece, nel mio piccolo comune ho cercato di costruire qualcosa di positivo per i cittadini”. In effetti, l’esperienza di Peccioli, paesino di 5.000 abitanti nella Valdera, è unica. Ha investito (in tempi non sospetti) nella trasformazione di una discarica a cielo aperto in una piattaforma tecnologica in grado di riciclare rifiuti indifferenziati e di generare biogas, dimostrando che si possono produrre utili da spendere in servizi per i cittadini. In più l’impianto ha dato vita a un’insolita scenografia che attrae eventi culturali, concerti e persino sfilate di moda. Economia circolare e arte. Un connubio da sogno anche per gli avanzatissimi paesi nord europei. 


Ma non è finita qua perché il sistema Peccioli – gestito dalla Belvedere spa, società controllata dal comune e una platea di 900 piccoli soci che ne detengono la quota di minoranza – ha in cantiere un nuovo progetto. “Stiamo valutando con la regione Toscana la costruzione di un gassificatore con un investimento di 300 milioni di euro in grado di occupare un centinaio di lavoratori qualificati. Vorrebbe dire chiudere il ciclo di smaltimento e trasformare la ex discarica in una vera miniera”, dice Macelloni, che a 71 anni non smette di pensare a come tante Peccioli potrebbero aiutare l’Italia a sottrarsi al ricatto energetico tutte le volte che c’è un’emergenza. “Stiamo vivendo tre guerre insieme – riflette Macelloni –, quella sanitaria contro il Covid, che non è ancora terminata, il conflitto sociale e politico che sta scaturendo da una transizione energetica troppo accelerata, e la guerra con armi e carrarmati in Ucraina. Tutte e tre ci portano alla stessa conclusione e cioè che abbiamo bisogno di diventare meno dipendenti dall’estero per soddisfare il nostro fabbisogno. E’ l’ora di superare i tabù che ci hanno impedito di cercare soluzioni innovative attraverso, per esempio, lo smaltimento dei rifiuti che, in alcuni casi, abbiamo preferito portare con le navi in altri paesi piuttosto che sfruttarne le potenzialità per la produzione di biometano”.


Ma l’ideologia Nimby (“non nel mio giardino”) è dura da sconfiggere quando si tratta di “monnezza”  e ci si ostina a non credere nel progresso scientifico e tecnologico che consente di costruire impianti sicuri per l’ambiente. Per Macelloni il sistema dei termovalorizzatori va sicuramente superato, ma i tempi non sono quelli che si conciliano con il desiderio di una magica svolta green. “Il problema non è la transizione energetica ma la sua accelerazione che avrà come effetto l’espulsione dal mondo produttivo di migliaia di maestranze che si farà fatica a riconvertire, e di questo in occidente si parla troppo poco”. Le ideologie sono dure a morire e generano paradossi. Nel settore ambientale sono particolarmente evidenti. Secondo l’Unione europea, entro quindici anni i rifiuti riciclati dovranno superare il 65 per cento del totale e solo il 10 per cento potrà finire in discarica. Attualmente in Italia – paese che produce 6,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani – operano 37 termovalorizzatori, ma per centrare il target europeo ne occorrerebbero almeno altri sei o sette, assicurano diverse fonti tra cui The European House - Ambrosetti, che ha messo al primo posto la Sicilia nella lista delle regioni con il maggiore gap, seguita da Puglia, Lazio, Veneto e la stessa Toscana. Se non si costruiscono nuovi inceneritori si continueranno a utilizzare le discariche che, però, sono già al collasso, e così bisognerà aprirne delle nuove, andando indietro invece che avanti. Nonostante ciò, l’opposizione è molto forte da parte sia delle comunità locali sia di alcune forze politiche. Allo stesso tempo dall’Unione europea arrivano inviti a investire nella prevenzione e nel riuso dei rifiuti piuttosto che in nuovi impianti di termovalorizzazione che sono stati anche esclusi dai finanziamenti del Pnrr pur non essendone vietata la costruzione


Insomma, un circolo vizioso, in cui l’Italia è invischiata da anni e che fa sembrare il caso Peccioli ancora più straordinario con un sindaco che dalle contestazioni non si è fatto mai distrarre. Partito alla fine degli anni Novanta, adesso l’impianto toscano “processa circa duecentomila tonnellate l’anno di rifiuti provenienti dalle province di Pisa, Firenze, Prato e Massa Carrara, genera 35-40 milioni di fatturato annuo con cinque-sei milioni di utili”, dice Macelloni, che “ricadono direttamente sul comune e sul territorio”. I profitti della Belvedere rifinanziano cultura e welfare, ma anche opere pubbliche, al punto che alcuni hanno cominciato a parlare di “capitalismo municipale”. In più dall’ex discarica non escono fumi maleodoranti ma alcune sculture di figure antropomorfe che si chiamano “presenze”, fatte di poliuretano, simbolo delle infinite possibilità del riciclo.


Eppure, vent’anni fa la discarica di Peccioli doveva essere chiusa e Firenze aveva stoppato il suo termovalorizzatore portando i rifiuti al Sud. Ma il sindaco comunista ebbe un’idea in decisa controtendenza a quei tempi: riuscì a convincere la regione Toscana a finanziare la bonifica e l’allargamento di un’isola ecologica tra le colline che negli anni è stata abbellita con opere d’arte e murales al punto da diventare un luogo di cultura e un motore economico. Una vera scommessa. “Siamo entrati per caso in un grande business – prosegue Macelloni, che è lo stratega di questo progetto che sta avendo un’evoluzione imprenditoriale che va al di là di ogni aspettativa –. Ora possiamo fare un importante passo in avanti con la costruzione di un gassificatore per produrre idrogeno e metanolo da rivendere a terzi rendendo così completo il ciclo dello smaltimento rifiuti”. Pensate che possa essere finanziato dal Recovery fund? “Non abbiamo questa ambizione, anche perché le risorse del Pnrr sono più focalizzate su infrastrutture per incentivare la produzione di energie rinnovabili in cui, peraltro, a Peccioli siamo già all’avanguardia. I nostri pannelli solari consentono di produrre tre volte il fabbisogno energetico della comunità locale”.

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