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editoriali

Il boom dei dividendi nell'anno di uscita dal Covid

Redazione

Record mondiale delle società quotate da 1.460 miliardi di dollari e nessuna bolla speculativa all’orizzonte

Il 2021, primo anno dell’uscita dal Covid, segna il record mondiale dei dividendi delle società quotate: secondo Janus Henderson, big della consulenza e gestore di fondi che elabora il Global Dividend Index, il totale delle cedole distribuite arriverà, al 31 dicembre, a quota 1.460 miliardi di dollari, superando il primato precedente (1.429 miliardi) del 2019.

   

L’Italia segue l’onda con 17,5 miliardi di dollari, 15 in euro, contro i 16 miliardi di dollari di due anni fa. È in parte l’effetto delle banche centrali – Bce, Bank of England e Bank of Australia – che a dicembre 2020 avevano chiesto agli istituti di credito di sospendere le cedole per rafforzare il capitale: il blocco è stato tolto da ottobre e sta generando in Europa dividendi per 27,5 miliardi.

   

Janus Henderson pensa che le banche produrranno un boom nel 2022, con a ruota le aziende energetiche. A fine 2020, le borse mondiali capitalizzavano 89,5 trilioni di dollari, cioè 89,5 miliardi di miliardi. Il che da anni supera di gran lunga il pil mondiale. Tuttavia è una ricchezza in gran parte teorica, in quanto i titoli salgono e scendono. I dividendi invece sono reali, e corrispondono a un rendimento su scala globale dell’1,63 per cento, che non sembra prefigurare una bolla speculativa. Sommando i dividendi alla capitalizzazione delle Borsa italiana (826 miliardi) si ottiene una grandezza di 841 miliardi e un’incidenza dei profitti distribuiti dell’1,8 per cento: superiore alla media mondiale, mentre inferiore è la capitalizzazione.

   

I nemici ideologici del profitto possono trarre le conclusioni del momento (tipo: arricchirsi mentre il virus infuria) e ancora più lo faranno con i bilanci delle Big Pharma: la stima è di 63,5 miliardi di euro nel 2021, dei quali 43,6 derivati dai vaccini, con utili di 24,7 miliardi e tasse di 4,7. Dunque hanno dato al fisco il 16 per cento, sopra la minimum tax proposta dal G20. Prima di scandalizzarsi sarà meglio ricordare che i sette maggiori gruppi dell’energia (esclusi russi e cinesi) hanno fatto profitti per 29 miliardi. Però trimestrali.