Il dilemma della sostenibilità ambientale spiegato con il letto Ikea

Antonio Pascale

Nel paradosso della sostenibilità non abbiamo scelta: la soluzione è pagare di più. Perché, in virtù della nostra corporeità, siamo destinati a lasciare un impatto sull'ambiente. I benefici hanno un costo e i tempi della transizione saranno lunghi

Una volta un mobiliere mi ha detto, ma in camera caritatis: chi ha un letto Ikea non fa l’amore, ma da tempo. Per forza – sottolineava –, quei letti sono così fragili che appena ti muovi si rompono. Quindi è chiaro – insisteva – sono letti fatti per bellezza, cioè, al massimo ci puoi dormire ma senza muoverti troppo. Non ho indagato più di tanto, ovvio, anche perché quel mobiliere tendeva a convincermi della fragilità dell’Ikea solo per farmi comprare dei mobili molto pesanti, indistruttibili, roba – diceva – che se la compri poi ti fa compagnia tutta la vita, nasci in quel letto e in quel letto muori e fai anche tanti figli (credo intendesse dire). Comunque la dichiarazione del mobiliere mi è sembrato affrontasse la vecchia questione, e cioè compra un oggetto e usalo tutta la vita, invece di darti all’usa e getta.

 

Le due visioni hanno i loro pro e contro, la prima appartiene a quel vecchio detto, ‘o sparagno nun è maje guadagno, cioè risparmiare non ti fa guadagnare, quindi spendi una volta e ti tieni il letto tutta la vita. Però poi finisce che diventi un po’ come quegli anziani che non cambiano il televisore o la macchina, perché tanto va ancora bene, quindi viene a mancare l’investimento, né si studiano nuovi progetti che magari riguardano il materiale, il design e altro. La seconda è indice di un’economia usa e getta, costa poco, ti garantisce un po’ di comodità, e dunque fa girare i soldi, produce innovazione ma pure problemi di smaltimento. Insomma, il paradosso del mobiliere.

 

Bene, a questo proposito l’Ikea sta provando (ma non credo c’entri la questione del letto fragile) a risolvere il paradosso. A parte che l’azienda svedese si è imposta sul mercato dichiarando ad alta voce: liberati di quei mobili pensati e così pieni di anse e vetrine, roba alla Luigi XIV, daje, modernizzati, e va bene sì, magari il letto si rompe ma puoi acquistarne un altro a buon mercato. Ma a parte questo, ora, un po’ la questione cambiamento climatico, un po’ la nuova parola d’ordine sostenibilità, l’Ikea ha proposto una soluzione al paradosso di cui sopra: compra un mobile, se dopo un po’ ti scocci o si rompe, lo riporti e in cambio hai un credito che puoi spendere, sempre in Ikea. Così fidelizzi il cliente, sei sostenibile, perché il legno può essere riciclato, poi magari a forza di riciclo si rompe più spesso, ma appunto se si rompe lo porti indietro e così via, mica sei costretto a tenerti quel mobile tutta la vita. Risparmi e guadagni. Tutto bene.

 

Però se questa proposta ha trovato molti consensi, perché è bella la sostenibilità, solo il 3 per cento delle persone che trovano bella la suddetta sostenibilità è disposta a pagare qualcosa in più per garantirla – che poi è fatta di impianti per i riciclo, filiere, eccetera, cose che costano. Quindi si apre un nuovo paradosso: voglio la sostenibilità tutta la vita, anche perché un buon comportamento garantisce la mia vita su questo pianeta, ma non me la fate pagare questa sostenibilità, altrimenti non vivo più, cioè la vita si fa costosa. Come ne usciamo? C’è la soluzione? La soluzione è pagare di più per la soluzione. Abbiamo scelta? No, finché non diventeremo (e ci possiamo lavorare) puro spirito e ci incontreremo nel metaverso in ologramma, i nostri corpi che – ricordiamolo – vivono più a lungo, impatteranno più a lungo. Se vogliamo affrontare seriamente la questione sostenibilità impariamo le buone maniere certo, ma anche ad abituarci all’idea che i benefici hanno un costo, c’è chi può affrontarlo e chi no e i tempi saranno lunghi.

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