ANSA/LUCA ZENNARO

Scandali sulla previdenza che la politica non vuole denunciare

Paolo Cirino Pomicino

Non si sgraveranno i giovani del costo delle pensioni, finché l'ostruzionismo di partiti e sindacati inquadra ogni singolo provvedimento con l'occhio dell'oggi anziché del domani. Esempi

Le tensioni sul sistema previdenziale vigente si rincorrono quasi anno dopo anno e i protagonisti politici e sindacali commettono sempre l’errore di confrontarsi o scontrarsi su alcune questioni del presente senza mai avere chiaro il quadro generale delle richieste, dei bisogni e delle prospettive finanziarie e sociali. La previdenza è un sistema complesso sul quale incidono una serie di fattori. Il tasso di crescita economica degli ultimi venti anni e quello dei successivi, il tasso di occupazione passato e quello previsto per il futuro, il tasso di natalità, l’incremento della vita media nel prossimo trentennio oltre alle previsioni del tasso di industrializzazione e il peso dei servizi nell’assetto produttivo del paese. Tutto questo per il semplice motivo che le pensioni dei nonni le pagano i figli e più ancora i nipoti e a entrambi bisognerebbe garantire una tutela previdenziale la più vicina a quella degli stessi nonni.

 

Purtroppo vediamo invece che partiti e sindacati guardano ogni singolo provvedimento con l’occhio dell’oggi piuttosto con quello del lontano domani. E veniamo ai temi di oggi. L’Italia attraversa una stagione difficile perché colpita da una pandemia che ha fatto più di 130 mila morti, che ha creato difficoltà all’intero apparato produttivo del paese e ha portato a caricarci in poco più di un anno 300 miliardi di euro di nuovo debito. In più siamo alle prese con un cambiamento epocale non solo dei sistemi produttivi, ma anche dei costumi delle famiglie, chiamate tutte a sostenere una compatibilità ambientale della vita umana con il soddisfacimento dei suoi bisogni e della sua attività produttiva.

Detto questo, la prima domanda semplice che ci viene in mente il perché una persona dovrebbe andare in pensione a 62 anni senza avere 40 anni di contributi quando la vita media ha raggiunto gli 83 anni nel nostro bel paese. Va da sé che i lavori usuranti sono una questione a parte, a condizione che le categorie di questi lavoratori non si moltiplichino all’infinito come sembra nelle intenzioni del Pd. Se i sindacati chiedono la flessibilità in uscita, va chiesta anche la flessibilità per chi volesse continuare a stare in servizio per almeno un triennio oltre l’età legale, perché a fronte dei lavori usuranti vi sono anche lavori poco o meno usuranti che consentono a un ultra settantenne (72/73) di continuare a fare il magistrato, il medico ospedaliero o di base, il professore universitario, il dirigente pubblico e così via. Oggi un uomo di 62 anni è davvero giovane e gli si può chiedere di lavorare ancora per diversi anni, fermi restando i lavori usuranti e l’opzione donna.

Queste valutazioni non sono all’interno di un dibattito sulla salute dell’uomo, se prendiamo atto che grazie all’evoluzione della medicina e del tenore di vita, nelle democrazie avanzate un sessantaduenne di oggi è profondamente diverso da quello di 40 anni fa. Questo nostro discorso invece è tutto dentro il dibattito sulle compatibilità economiche di un sistema previdenziale stabile che non possono essere ignorate dai sindacati e dalle forze politiche, perché il rischio del domani e del futuro è troppo alto. Le quote a 102 e a 104 sono già di per sé un piccolo azzardo che può essere compensato dalla possibilità di continuare a lavorare ancora per un triennio oltre l’età legale prevista per ciascuna categoria senza pagare più contributi. Questo esperimento fu già fatto diversi anni fa e fu poi eliminato da un governo successivo senza che se ne sia mai capito il perché. A quell’esperimento aderirono subito 70 mila persone.

Su questo tema, peraltro, non vorremmo più sentire quella sciocchezza per cui se uno lavora qualche anno in più toglie opportunità ai giovani. Quelli che lo dicono sono gli stessi che da alcuni anni applicano ai rendimenti dei fondi pensione un prelievo del 17 per cento quasi che fossero un fondo di private equity, togliendo così al montante contributivo delle pensioni complementari dei giovani di oggi quasi un miliardo di euro ogni anno. L’Italia deve aumentare i posti di lavoro ampliando una serie di servizi alle persone, alle imprese e all’ambiente, e ha bisogno di una più generale mobilitazione delle coscienze perché possa esserci un domani previdenziale sostenibile per quando i nostri nipoti saranno anche loro nonni. Il resto è stolta miopia.
 

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