ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

La differenza tra crescita e rimbalzo. Chiacchiere tra manager

Stefano Cingolani

L'economia italiana sta andando meglio di quella di molti altri paesi europei, ma per capitalizzarla (e colmare un gap comunque storico) ci vorranno rapidità burocratica e un sistema produttivo capace di rispondere alle risorse del Pnrr

Dieci punti percentuali in due anni, sei nel 2021 e quattro o forse anche qualcosa in più nel 2022. Banchieri, imprenditori, manager pubblici e ministri invitati da Intesa Sanpaolo a villa Aurelia che dal Gianicolo guarda la languida Roma distesa ai suoi piedi, per la prima volta nella loro vita si trovano ad affrontare un boom non un crac. Il Fondo monetario internazionale conferma che l’Italia sta andando meglio di molti altri paesi europei e non; al Financial Times si stropicciano gli occhi e titolano sugli investimenti (incredibile a dirsi) che trainano la crescita.

 

È l’effetto della “droga monetaria”, della spesa pubblica senza più i freni del fiscal compact, delle imposte non pagate anche se solo rinviate, del grande sospiro di sollievo perché grazie ai vaccini la pandemia si placa e s’allontana? Di tutto un po’, ma soprattutto è frutto del dinamismo italiano, di un società civile che aspettava una chiamata alle armi. È l’impressione generale fatta propria dal padrone di casa Gaetano Miccichè presidente di Imi, la banca d’investimento divisione di Intesa Sanpaolo. La politica monetaria e fiscale ha girato la chiavetta, però la molla era pronta a scattare. Determinanti sono le aspettative che muovono il ciclo economico, ed esse si fondano sulla fiducia. Insomma, possiamo chiamarlo il Draghi boom, per farlo durare bisogna realizzare il Pnrr. È questa la scommessa da vincere per colmare un gap ancora enorme, come ha ricordato Miccichè: dal 2000 al 2019 il pil italiano è cresciuto del 4,8 per cento, Germania, Francia e Regno Unito in media del 25 per cento, la Spagna addirittura del 30. E gli investimenti pubblici sono di oltre un terzo sotto la media europea. Insomma, c’è molto da lavorare, mentre già si presentano i primi colli di bottiglia e i primi inciampi internazionali.

Il fattore tempo, innanzitutto. “La rapidità è un fattore cruciale”, ha chiarito Enrico Giovannini, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Il calendario del Pnrr è già fissato dall’Unione europea, per rispettarlo occorre cambiare i processi: dal momento delle scelte all’esecuzione finora ci sono voluti anni, adesso bisogna contare in termini di mesi. Giovannini ha detto che il suo ministero ha varato 62 decreti attuativi e altri 20 entro la fine dell’anno, quando verranno distribuiti praticamente tutti i miliardi assegnati.

Ma il sistema produttivo sarà capace di rispondere? Nelle costruzioni mancano 100 mila lavoratori dei quali 25 mila specializzati, ha lamentato Pietro Salini amministratore delegato di WeBuild. Nel 2019 sono stati spesi meno di due miliardi di euro, riusciremo a spenderne 15 di qui al prossimo anno? Intanto l’industria soffre la mancanza di materiale (il rame non si trova più) e l’impennata dei prezzi (il ferro è aumentato del 140 per cento). “Capitalizzare le competenze” è cruciale per Luigi Ferraris l’ad delle Ferrovie che può disporre di 28 miliardi di euro. Il capo azienda delle Poste Matteo Del Fante ha ricordato come durante la pandemia il portalettere è diventato un portapacchi a cavallo di moto elettriche, l’obiettivo è di intercettare il 92 per cento dell’e-commerce, un boom nel boom.

E ancora: la transizione energetica richiede 60 gigawat entro il 2030 cioè oltre tre volte quel che si è fatto negli ultimi 30 anni. Una sfida da far tremare le vene ai polsi. Renato Ravanelli amministratore delegato del fondo F2i ha insistito sul ruolo chiave degli investimenti privati insieme a quelli pubblici. Secondo Mauro Micillo capo operativo dell’Imi, si sono messi in moto e sono il carburante della ripresa, i capitali affluiscono anche dall’estero soprattutto verso l’industria manifatturiera, tuttavia si può e si deve attrarne molti di più e qui si apre come è noto l’ampio capitolo delle riforme: ne sono state realizzate 8 su 37 secondo Alessandro Rivera direttore generale del Tesoro. Ma niente cahier de doléances, dalla villa seicentesca edificata dal cardinal Girolamo Farnese è uscita semmai una rassegna dei problemi da risolvere affinché il rimbalzo fuori del comune diventi una crescita di medio-lungo periodo.

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