“La delega fiscale è troppo vaga, così si crea incertezza”. Parla Nicola Rossi

Luciano Capone

"Sembra scritta in modo da consentire al prossimo governo, quale che sia, di riscrivere le regole fiscali", dice l'economista. "Di pressione fiscale complessiva non si parla, una vera riforma passa dal contenimento della spesa"

Di deleghe fiscali ne ha viste tante, da Tremonti a Monti passando per Visco, “ed erano tutte più specifiche, si capiva dove si voleva andare. Stavolta è molto vaga”. Nicola Rossi, economista all’Università di Tor Vergata, sulle riforme fiscali ha conoscenza tecnica e anche esperienza parlamentare. E da come descrive la delega fiscale presentata da Draghi sembra si tratti di un assegno in bianco. Perché? “La maggioranza non ha una linea e si è pensato che la soluzione potesse essere slavare il documento delle commissioni, ma in campo fiscale la genericità non funziona. Di fatto è una delega in bianco per il governo che verrà”.

  

Non sembra però la vaghezza a turbare Matteo Salvini, cosa contesta la Lega? “Rispetto al documento delle commissioni Finanze il disegno di legge delega innova sul tema della revisione del catasto. Sarebbe un’innovazione priva di conseguenze in quanto la delega prevede esplicitamente che la revisione non contribuisca a rideterminare la base imponibile dei tributi ma è difficile non domandarsi per quale motivo si sia voluto introdurre una norma a valenza statistico-informativa. Ed è difficile non rispondersi che quel che è informativo oggi possa diventare prescrittivo domani”. Ma non è opportuna una revisione del catasto? “Certamente, ce n’è bisogno. Ma lo si deve rivedere a condizione che il carico fiscale non aumenti, perché gli immobili sono già pesantemente tassati”. Vuol dire che si deve prevedere parità di gettito, non che tutto resta com’è. “Gli effetti redistributivi sono inevitabili, ma a parità di gettito. E magari riducendo il prelievo su specifiche categorie come gli immobili a fini produttivi o soggetti a vincolo”.

  

Ma Mario Draghi chiede una delega in bianco per sé o per il prossimo governo? E’ cioè una scatola vuota perché sa benissimo come riempirla o perché in questo modo andrà bene per chiunque verrà dopo di lui? “Personalmente non sarei in grado di anticipare il nome del presidente del Consiglio a 18 mesi da oggi. E in effetti la delega sembra essere scritta in modo da consentire al prossimo governo, quale che esso sia, di riscrivere le regole fiscali seguendo la propria impostazione – dice il prof. Rossi –. Ma il prezzo di questa scelta è una lunga e dannosa incertezza in un campo come quello fiscale che più di altri richiede certezze”.

  

In questa indeterminatezza, ad esempio, non si capisce se la riforma preveda una pressione fiscale ridotta o invariata. “Di pressione fiscale complessiva non si parla. Ed è un peccato perché continuiamo a stare un punto e mezzo al di sopra dei nostri partner europei e sarebbe stato più che opportuno che la delega si prefiggesse l’obiettivo di portarci al loro livello. Si parla, questo sì, di riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi ma dato il ridotto volume di risorse a disposizione ciò significa che si ipotizzano incrementi di altre voci di entrata. E forse non a caso il massimo di genericità il disegno di legge delega lo raggiunge proprio lì dove è più probabile che si vadano a cercare le risorse necessarie. A volte quel che non viene detto è molto più eloquente di quel che viene detto”.

  

Il pensiero corre alla “razionalizzazione dell’Iva”: accorpare le aliquote agevolate per ridurre l’Irpef. E’ quella la leva della riforma? “Mi pare l’ipotesi più probabile”. Ed è uno scambio opportuno? “In linea di principio lo spostamento di enfasi dall’imposizione diretta a quella indiretta è un’operazione del tutto condivisibile mentre non lo è, a mio parere, un incremento detta tassazione dei patrimoni. Ma segnalo che potrebbe intervenire in una fase di ripresa delle tensioni inflazionistiche. Forse avremmo dovuto pensarci prima. O forse dovremmo finalmente capire che una vera riforma fiscale passa necessariamente per un reale contenimento della spesa pubblica. Ma su questo punto la consapevolezza ancora langue, temo”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali