La Corte dei conti europea in Lussemburgo (foto Wikipedia)

Non saper spendere. I paesi membri richiamati dall'Unione europea

Giacinto della Cananea

J’accuse della Corte dei conti sulla gestione “impervia” dei fondi Ue. Prendere appunti 

Dopo il 2020, i paesi membri dell’Ue hanno accettato un livello maggiore di integrazione delle rispettive finanze pubbliche, con prestiti e sovvenzioni. Ma ogni Stato è responsabile del buon utilizzo delle risorse ricevute; deve, quindi, fare il possibile per migliorare i propri strumenti operativi, i procedimenti di gestione, i meccanismi di controllo. Vari spunti utili, per quanto riguarda l’Italia, sono forniti dalla relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato pubblicata il 23 giugno. Come ha osservato il Procuratore generale della Corte, i media dedicano molta più attenzione al bilancio preventivo, il quale contiene i progetti che si intendono realizzare, ma è il rendiconto che consente di verificare se quei progetti sono stati davvero attuati. La Corte dà atto dell’incremento della spesa pubblica per investimenti. Però, sottolinea, da un lato, che ciò è accaduto soprattutto per via dei maggiori contributi alle imprese (quasi nove miliardi, con una crescita del 182 per cento rispetto al 2019); dall’altro lato, che la gestione dei fondi è risultata “impervia”, perché “le complesse procedure amministrative continuano a condizionare fortemente il rapido ed effettivo utilizzo delle risorse assegnate”. Dunque, nonostante i ripetuti annunci da parte dei governi precedenti, è mancata una vasta, organica, riforma della disciplina dei procedimenti di spesa. È un impegno che il Parlamento dovrebbe mettere al centro della propria agenda, con il necessario supporto governativo.

 

Sul fronte della gestione dei fondi europei, la Corte evidenzia sia i progressi compiuti, sia i difetti. Nel 2020 si è chiuso il ciclo dei finanziamenti riguardanti il periodo iniziato nel 2013. Nel complesso, vi sono innegabili miglioramenti, ma persistono criticità e ritardi. Talvolta, essi hanno dato luogo al disimpegno automatico delle risorse messe a disposizione dall’Ue, quando la fase di impegno non si è completata tempestivamente. Ciò è accaduto, per esempio, per un progetto gestito dalla Valle d’Aosta, per un ammontare di trenta milioni di euro, venticinque dei quali messi a disposizione dall’UE. In una situazione come quella descritta, cosa possono fare quanti hanno responsabilità di governo a livello nazionale? Possono far molto, favorendo la circolazione delle best practice e l’adeguamento dei controlli interni. Possono, all’occorrenza, utilizzare i poteri sostitutivi.

 

La Corte torna poi su un antico problema, i ritardi nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni a favore delle imprese. Segnala alcuni progressi, grazie all’armonizzazione dei bilanci, alla concessione di anticipazioni agli enti sprovvisti di liquidità, all’uso d’una piattaforma elettronica. Ma ricorda che l’anno scorso, la Corte di giustizia ha dichiarato l’inadempimento dell’Italia agli obblighi che discendono dalla direttiva adottata dall’UE nel 2011. Quindi, molto resta da fare sul versante degli incentivi e dei disincentivi non solo per le varie pubbliche amministrazioni, ma anche per i dirigenti che operano al loro interno. Bisogna dosare prudentemente i meccanismi premiali e le remore, inclusa la responsabilità dirigenziale.

 

Per molti anni in cui le risorse disponibili per l’amministrazione sono state usate per lo più per la spesa corrente e vi è stata insufficiente attenzione per la gestione dei fondi europei. La scelta è stata, al fondo, politica. È stata politica anche la scelta d’invertire la rotta, pur se vi ha influito il nuovo scenario indotto dalla pandemia. Bisogna adesso seguire questa rotta, evitando di sviare i cittadini dai problemi che principalmente li turbano: la salute, il lavoro e con essi la modernizzazione dei servizi pubblici.
 

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