Il risiko sull'acciaio colpisce anche le moto Harley-Davidson

Carlo Stagnaro

L'impennata dei dazi per lo scontro tra Cina, Stati Uniti e Unione europea ha una vittima collaterale: le moto americane

"Remove the tariffs. United we ride". Si chiude con queste parole l’inserzione pubblicitaria acquistata da Harley-Davidson sul Financial Times per chiedere all’Ue di farla finita con le ritorsioni commerciali. Dal 1° giugno le moto americane dovranno pagare un dazio del 56 per cento. “Questo danneggia Harley-Davidson e i nostri clienti e rivenditori europei – ha scritto il ceo Jochen Zeitz – a causa di di una disputa commerciale sull’acciaio e l’alluminio che non dipende da noi. Le moto non c’entrano nulla con questa guerra commerciale”. Tutto inizia nei primi mesi del 2018, regnante Donald Trump, con la crescente tensione tra Usa e Cina. Il 23 marzo, la Casa Bianca alza i dazi su circa 2,8 miliardi di dollari di prodotti cinesi. Pechino risponde il 2 aprile colpendo 2,4 miliardi di beni americani. L’Europa viene tirata dentro poche settimane dopo, con dazi del 25 per cento sull’acciaio e del 10 per cento sull’alluminio. Per tutta risposta, notifica all’Organizzazione mondiale del commercio che, dal 1° giugno 2018, diversi beni americani, tra cui le due ruote, il whiskey e i jeans, dovranno pagare un’aliquota addizionale di 25 punti al di sopra di quella ordinaria che, nel caso delle moto, è del 6 per cento. Lo scontro prosegue negli anni e i dazi rimangono. Chi sperava che le cose sarebbero cambiate col cambio della guardia al 1600 di Pennsylvania Avenue è rimasto deluso. Poco dopo il suo insediamento, l’Ue lancia un ultimatum: o Joe Biden cancella i dazi di Trump, oppure quelli europei raddoppieranno. Biden fa spallucce, nonostante sia ormai chiaro che il protezionismo danneggia l’economia americana. Non solo l’industria a stelle e strisce ha problemi a reperire alcuni prodotti stranieri, ma il prezzo dell’acciaio e dell’alluminio sul mercato americano cresce per effetto delle restrizioni al commercio, con pesanti conseguenze sui costi di produzione della manifattura americana. Ciò nonostante, Biden decide di proseguire la politica commerciale dell’èra Trump almeno fino a quando l’economia globale non sarà tornata a crescere e l’eccesso di capacità produttiva di acciaio e alluminio (soprattutto in Cina) non sarà riassorbita. Così, Katherine Tai (US Trade Representative) e Gina Raimondo (segretaria al Commercio) ribadiscono che i dazi di Trump “hanno aiutato a salvare posti di lavoro americani nelle industrie dell’alluminio e dell’acciaio”. In realtà, sono diminuiti anche a causa dei dazi.

 

Si arriva infine allo showdown di questi giorni. Dal punto di vista formale, l’Europa non ha incrementato il dazio ma ritirato la certificazione di “Binding Origin Information”. Il risultato però è lo stesso: sulle bicilindriche di Milwaukee peserà una tassa del 56 per cento. Si tratta di un colpo durissimo, peraltro a valle di un trimestre molto positivo, visto che le aspettative per la vendita della nuova Pan America sul mercato europeo erano alte. Ovviamente la casa fondata nel 1903 da William Harley coi due fratelli Arthur e Walter Davidson ha fatto ricorso. Ma la questione ha un’origine politica: difficilmente troverà una soluzione nelle aule di tribunale.

 

Parafrasando il motto dei biker, Biden esattamente come Trump sembra convinto che ogni giorno è un buon giorno per un dazio; e la Commissione europea pare d’accordo. Purtroppo, i danni del protezionismo e delle ritorsioni commerciali sono tanto ovvi agli occhi degli studiosi, quanto invisibili a quelli dei politici.

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