(Ansa)

I bassi debiti familiari degli italiani sono un asset della crescita

Mariarosaria Marchesano

Nonostante la pandemia l'Italia ha mantenuto il primato per il migliore rapporto reddito-indebitamento. Secondo Bankitalia la situazione non cambierà nel breve periodo, anche nel peggiore degli scenari

Non è per sottovalutare l’impatto diversificato che la crisi pandemica ha avuto sulle condizioni economiche delle famiglie, ma c’è una disuguaglianza (positiva) di cui si parla poco ed è il basso, anzi bassissimo livello di indebitamento degli italiani rispetto al resto del mondo. Un vantaggio strutturale dell’Italia che non è cambiato con il Covid-19, come ricorda l’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulla stabilità finanziaria. A fine 2020, infatti, l’indebitamento delle famiglie in rapporto al reddito disponibile è aumentato al 64,7 per cento (più 2,6 per cento rispetto al 2019), ma resta più che contenuto nel confronto internazionale. Questo livello, sulle base delle ultime rilevazioni avvenute nei vari paesi tra settembre e dicembre 2020, è molto più basso della Germania (poco sotto il 90 per cento), della Spagna (sopra il 90 per cento) e della Francia (più del 100 per cento) ed è di gran lunga inferiore alla quota di debito privato registrata nel Regno Unito (127 per cento). Rispetto, poi, all’Olanda, sempre molto critica nei confronti di stati che considera spendaccioni, l’Italia appare estremamente virtuosa perché il paese dei tulipani ha di recente superato il 200 per cento di rapporto debito-reddito destando più d’una preoccupazione tra gli osservatori di queste dinamiche dell’Eurosistema.

 

 

Fuori dall’Europa, il confronto con Giappone (circa 100 per cento) e Stati Uniti (91 per cento) conferma il primato positivo dell’Italia che è stato preservato grazie alle politiche di sostegno messe in atto dal governo, come sussidi e moratorie. Questo risultato non è di poco conto se si considera che esiste un’ampia letteratura economica secondo cui i debiti delle famiglie rappresentano un rischio potenziale per la stabilità finanziaria della zona euro maggiore rispetto ai debiti delle imprese. Certo, avverte la Banca d’Italia, c’è il rischio che il venir meno dell’intervento dello stato possa peggiorare la condizione dei nuclei più fragili, cioè quelli costituiti da lavoratori instabili o occupati nei settori più esposti agli effetti della pandemia. Ma secondo le proiezioni di via Nazionale, anche nel caso si verificasse l’andamento economico più sfavorevole, e se venissero meno sostegni pubblici come le moratorie sui prestiti, il debito privato italiano a rischio raggiungerebbe l’11,5 per cento del totale a fine 2021, rimanendo su valori contenuti rispetto alla crisi dei debiti sovrani.

 

 

Ovviamente, questo non vuol dire che la pandemia non abbia prodotto disuguaglianze sociali (non solo in Italia, come ha messo in evidenza il presidente della Bundebank, Jens Weidmann, secondo il quale la perdita di fatturato di aziende e lavoratori autonomi potrebbe portare in Germania a una limitazione della spesa e a una spirale al ribasso), ma che non sono queste disuguaglianze a poter mettere a rischio la tenuta del sistema Italia, almeno per adesso. Bisogna poi considerare un altro dato che riguarda la solidità finanziaria delle famiglie.

Secondo Bankitalia, la crescita sostenuta dei depositi bancari e postali è proseguita nel quarto trimestre del 2020 e nei primi mesi di quest’anno (nel complesso c’è stato un aumento dei depositi bancari pari a 72 miliardi) e avrebbe interessato anche famiglie che prima della crisi disponevano di una liquidità molto limitata. Vuol dire che la contrazione dei consumi (per l’impossibilità di effettuare alcune spese durante le fasi di chiusura delle attività non essenziali) è stata maggiore rispetto al calo del reddito disponibile e che a livello psicologico è stata anticipata una possibile ulteriore riduzione delle proprie entrate, per motivi precauzionali. Cioè, sono ondate in onda prove generali di austerità.