John Thys, Pool via AP

Perché il futuro dell'Ue passa dalla svolta sulla sovranità digitale

Francesca Bria

Le azioni tecnologiche statunitensi valgono più dell'intero mercato azionario europeo: è il momento di un nuovo quadro normativo per garantire che le nostre democrazie tengano il passo

E’ chiaro che oggi la sovranità digitale significa anche sovranità politica ed economica. La sovranità era principalmente un concetto geografico e militare. Ma oggi ha una nuova dimensione cruciale. La sovranità digitale - o la sua mancanza - sta diventando una questione strategica centrale, non da ultimo per l'Europa. Come più volte sottolineato dal presidente francese Macron “l'Europa ha bisogno di soluzioni europee per ridurre la sua dipendenza dai giganti tecnologici statunitensi e cinesi”. Durante la pandemia abbiamo assistito a una crescente digitalizzazione di molti aspetti della nostra vita quotidiana. Tuttavia, ci siamo resi conto di essere più che mai dipendenti da infrastrutture critiche controllate da una manciata di giganti della tecnologia che presentano una concentrazione industriale inaudita nella storia recente. Le cinque più grandi società tecnologiche statunitensi hanno registrato una crescita impressionante nel 2020: durante la pandemia le loro entrate combinate sono cresciute di un quinto, arrivando a $1,1 trilioni, e la loro capitalizzazione di mercato è salita a $8 trilioni.

 

Le azioni tecnologiche statunitensi valgono ora di più dell'intero mercato azionario europeo. Vediamo tendenze simili in Cina con Alibaba e Tencent. Se cinque o sette aziende possiedono l'economia digitale, può davvero funzionare per tutti noi? Ciò dimostra che nel ventunesimo secolo ipertecnologico in un contesto di crescente multi-polarità geopolitica, la sovranità digitale significa anche che per l'Europa essere vista come una "superpotenza della regolamentazione" non è più sufficiente. L’Eu deve rimanere rilevante come potenza economica globale attraverso la sua innovazione scientifica e tecnologica. L'Europa ha bisogno di costruire alternative ai monopoli cinesi di produzione tecnologica e ai monopoli di proprietà intellettuale, digitale e di pagamento Usa.

 

Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo bisogno sia di una regolamentazione ambiziosa che di una strategia industriale digitale. E’ questa la strada europea: un nuovo quadro normativo per garantire che la democrazia tenga il passo con il progresso tecnologico, con politiche di concorrenza e antitrust rafforzate e una nuova proposta di tassazione digitale, affiancato da un ambizioso piano da 2 trilioni di dollari investimenti, larga parte finanziato tramite debito comune europeo, con un focus su tecnologie verdi come l'idrogeno, batterie elettriche ed energie rinnovabili e circa 400 miliardi di investimenti in tecnologie critiche come AI, microprocessori, reti 5G, l’iniziativa cloud GaiaX, quantum computing e cybersecurity. Per l'Europa è essenziale rimanere competitivi nelle catene del valore del futuro per diventare neutrali dal punto di vista climatico entro il 2050 e garantire che le catene di approvvigionamento siano sicure. Ciò significa che o produciamo noi stessi in Europa le tecnologie critiche di cui abbiamo bisogno oppure dobbiamo essere in grado di garantirne l'accesso a lungo termine da fonti diverse, controllando la dipendenza dall’importazione di materie prime.

 

Da questo dipende anche il futuro dell'energia verde in Europa. Non si tratta solo dell’impatto sul settore tecnologico, dal momento che tutto oggi, dall'automotive allo spazio, dall'istruzione alla sanità, viene trasformato dal digitale. Ad esempio, l'industria automobilistica soffre di carenza di microchip, con oltre il 70 per cento dei chip del mondo made in Taiwan. Volkswagen stima la perdita di circa 100,000 macchine quest’anno. Per questo nel Next-Generation Ee, c'è l’obiettivo di produrre in Europa almeno il 20 per cento dei semiconduttori mondiali entro il 2030, rispetto al 10 per cento dello scorso anno. In questo quadro, uno degli obiettivi strategici è quello di riconquistare la sovranità dei dati dei nostri cittadini, città e industrie, sviluppando uno spazio di dati e intelligenza artificiale europeo con nuovi modelli di governance, dati condivisi per l'interesse pubblico, standard etici per l'intelligenza artificiale, e una gestione dei dati dei cittadini attenti alla protezione e alla privacy, per evitare che i dati vengano utilizzati dalle piattaforme digitali per spiare, monitorare e manipolare il loro comportamento, mettendo a rischio le libertà fondamentali.

 

La presidente della Commissione europea Ursola Von der Leyen a Davos ha affermato che dobbiamo tenere sotto controllo il lato oscuro del digitale. Dobbiamo combattere i monopoli e promuovere una concorrenza leale, trasformare il modello di business delle piattaforme democratizzando l’accesso ai dati e rendendo trasparenti gli algoritmi. L'Ue ha una forte leadership nella definizione di standard globali per proteggere la democrazia e i diritti digitali e la presidente della Commissione europea sta esortando il governo degli Stati Uniti ad estendere la cooperazione internazionale per regolamentare le Big tech, mettendo la democrazia al primo posto. Se l'attuale guerra commerciale Usa-Cina incentrata sulla supremazia tecnologica continua, dovremmo anticipare che il decoupling nei settori tecnologici strategici si sposterà su una gamma più ampia di attività economiche e l'Europa rischia di diventare un danno collaterale. Ad esempio, le aggressive azioni di Trump nell'usare il dominio dei semiconduttori americano per ostacolare la crescita di Huawei, ha spinto il governo cinese a lanciare un massiccio sforzo nazionale finanziato dallo stato per rendere il paese indipendente nella produzione di semiconduttori. Il disaccoppiamento rischia di creare un divario globale tra tecnologia e industria, con guerre nazionalistiche per la supremazia su intelligenza artificiale e semiconduttori che diventerebbero inevitabili. Abbiamo bisogno di un'alternativa razionale: la sovranità tecnologica globale, insieme alla necessità di plasmare le regole che governeranno il progresso delle nostre tecnologie e delle società digitali, è tornata al centro della politica estera.

 

La soluzione europea che dovremmo offrire al mondo non è quella di ritirarci in una mentalità da guerra fredda, ma invece avanzare una proposta per un nuovo Patto globale verde e digitale, cominciando da regole condivise su antitrust, privacy digitale, tassazione globale e clima. È necessaria una nuova visione per una società digitale globale e interconnessa con regole concordate democraticamente, che stabiliscano standard globali per una digitalizzazione sostenibile. L'Europa può intraprendere una terza strada, oltre il Big tech- il capitalismo della sovreglianza di Silicon valley e il Big state- l'autoritarismo digitale cinese, quella della Big democracy- e farsi promotrice di un nuovo umanesimo digitale che garantisca la nostra autonomia strategica, la piena partecipazione democratica dei cittadini, che protegga i dati, l'ambiente e i diritti dei lavoratori.

 

Francesca Bria
presidente Fondo Nazionale Innovazione