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La filosofia della transizione ecologica non basta: l'Ue guardi a Biden per il rilancio

Umberto Minopoli

Il piano americano non si sofferma nella declamazione del green, va dritto alla sostanza dell’obiettivo: stimolare la ripresa e creare posti di lavoro. Eppure l'ecologia è la costituency del partito che ha sconfitto Trump

La differenza tra l’American Jobs Plan e il Next Generation Eu? Keynes, direi. Le dimensioni economiche (2.200 miliardi in otto anni il primo, 709 miliardi, in sei anni l’altro) sarebbero comparabili date le dimensioni delle due economie. Senza considerare anche il green new deal europeo che non è però, allo stato, un piano di investimenti dettagliato ma un “orizzonte” di politiche strategiche per la decarbonizzazione al 2050. Ai fini dell’obiettivo comune dei due piani – la resilienza alla pandemia e la ripresa economica già alla metà di questo decennio – i due piani presentano differenze. E prospettive diverse di efficacia.

 

Il piano di Biden è un classico, quasi scolastico, programma keynesiano, rooseveltiano old style: deficit spending (da recuperare con tasse progressive) per finanziare investimenti pubblici ed elevare domanda e occupazione. Pochi fronzoli. Il cuore del programma sono le tradizionali leve espansive che muovono una l’economia fuori dalla recessione e creano occupazione “manifatturiera”: edilizia, acciaio, infrastrutture (ponti, strade, ferrovie, scuole, ospedali, reti elettriche, reti di distribuzione ecc.). Un classico ma enorme, nelle dimensioni, boost economico.

 

L’NgEu europeo ha un approccio diverso: molto meno keynesiano, direi. Nell’approccio, innanzitutto. Esso sconta la particolarità europea: stanziare risorse “comuni” per programmi di singoli stati. La gestazione delle scelte europee è, per questo, molto faticosa, poco coordinata. Gli obiettivi e le politiche comuni risultano, spesso, in declamazioni generali (transizione ecologica, digitale, energetica ecc) ma non in un programma comune di opere. Che presupporrebbero un coordinamento delle economie europee (bilancio, politica fiscale) che ancora non c’è. L’Europa tende, perciò, a trovare la comunanza degli obiettivi sulla “filosofia” dei piani, piuttosto che sulla concretezza degli obiettivi. Il piano Biden concede poco a quella che è la principale attività, invece, in Europa: l’aggettivazione nominale del programma economico: sostenibile, verde, ecologico. Va dritto alla sostanza dell’obiettivo: stimolare la ripresa e creare posti di lavoro. Il green, nel piano di Biden, non è declamato. Eppure, lo sappiamo, è la costituency del partito che ha sconfitto Trump. L’ecologia è affrontata, in un piano che ha obiettivi ravvicinati di ripresa dell’economia, non con il pathos europeo della filosofia della transizione, ma con obiettivi tecnici e concreti: creare una rete di 500.000 stazioni di ricarica elettrica per gli autoveicoli; dare sostegni alla ricerca tecnologica sulle scienza ambientali. Nel NgEu i due piani – immediatezza della ripresa e politiche della transizione (idrogeno verde, storage dell’energia, cattura della CO2) – sono confuse tra loro e, nei tempi, spesso giustapposte.

 

A differenza di America e Cina, l’Europa sottovaluta il prius della ripresa economica. La mistica della “sostenibilità” porta a dimenticare che la transizione ecologica o energetica (decarbonizzazione) sarà, semplicemente, impossibile se l’economia europea, entro il 2025, non fuoriesce dalla crescita debole o nulla. E per la crescita contano molto le aspettative. Il programma di Biden contiene una grande comunicazione sfidante: il recupero della leadership americana nel confronto con la Cina. Da realizzare nel prossimo decennio. Qualcosa di analogo, una grande sfida globale, muoveva le politiche rooseveltiane degli anni Trenta o il New deal del secondo dopoguerra. Se l’Europa rinuncia alla sfida competitiva e globale, alla crescita entro il 2025, e ritiene di mobilitare gli europei con la sola filosofia della transizione ecologica, declinata nei modi contriti e autopunitivi della fuoriuscita dalla carbonizzazione antropica, temo mancherà i suoi obiettivi verdi. Infine, Biden intende finanziare con le tasse il suo progetto keynesiano. Ma non facciamoci troppe illusioni. Anche il piano europeo della NgEu, anche se lo abbiamo rimosso, andrà finanziato. E con tasse. La differenza è che Biden ha esplicitato le misure fiscali (abbastanza dure) con cui intende finanziare il suo piano. In Europa, invece, questo è ancora oscuro, confuso nelle discussioni ristrette sulle riforme al budget europeo e condizionato dalle grandissime incognite della “tassazione ecologica”: carbon tax, border tax ecc. Forse un’impostazione più classica, esplicitamente keynesiana, servirebbe al NgEu.

 

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