Vittorio Colao, 59 anni, è stato amministratore delegato di Vodafone. Oggi è ministro della Transizione digitale del governo Draghi (LaPresse)

Editoriali

Primo schiaffo di Colao alla rete unica

Redazione

La banda larga funziona se c’è competizione. L’sms del ministro a Cassa depositi e prestiti

Il 60 per cento delle famiglie italiane non usufruisce di internet veloce o non ha accesso a una connessione da almeno 30 Mbit/s. Per questo, bisogna mettere a sistema tutte le risorse – finanziarie, imprenditoriali e tecnologiche – senza impiccarsi a improbabili progetti. Lo ha detto il ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, in audizione, sottolineando che Next Generation Eu rappresenta una opportunità imperdibile, che sarebbe assurdo sprecare a causa delle lungaggini politiche e amministrative. “Non possiamo permetterci di stare in una situazione di attesa – ha spiegato – che rischia di condizionare i piani (e quindi i tempi) di copertura delle reti a banda ultra larga finanziati con risorse del Pnrr”. Colao, correttamente, non ha voluto commentare le vicissitudini societarie di Tim, Open Fiber e Cassa depositi e prestiti. Il mestiere del governo non è quello di perseguire alchimie aziendali, ma di garantire che tutti abbiano accesso, nel più breve tempo possibile, a una connessione veloce.

 

Da qui passano sia la disponibilità della banda larga per tutti, sia la competitività delle imprese. Ma, allora, bisogna evitare di impiccarsi a una singola tecnologia o a uno specifico progetto, e valorizzare tutti gli strumenti che possono aiutarci a raggiungere l’obiettivo: portando la fibra nelle case dove è possibile, e il sistema misto Fixed wireless access o il 5G dove non ci sono le condizioni. L’analisi di Colao è coerente con la richiesta fatta dal Foglio mesi fa: bisogna che l’esecutivo rimetta mano al Piano per la banda ultra larga, dando spazio a tutte le tecnologie utili ad allargare la copertura delle aree bianche (il Foglio, 8 ottobre 2020). Nelle parole del ministro (quasi un sms a Cdp) si nasconde un ripensamento profondo di una strategia che, finora, ha prodotto più grane che successi e che, soprattutto, ha convogliato l’attenzione sulla partita di potere che si gioca attorno alle reti anziché sulla realizzazione degli investimenti necessari. Non importa il colore del gatto: importa che prenda i topi.

 

Di più su questi argomenti: