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Cinque idee per spendere bene

Valentina Canalini*

Perché per non disperdere i soldi europei lo stato ha bisogno dei privati

Al direttore - Si può avere senz’altro fiducia che si possa ottenere nel breve termine un serio piano nazionale, coerente con le priorità date da Bruxelles: un PNRR che parli di investimenti e riforme e non di sussidi. Sappiamo che la gestione del PNRR è stata incardinata al Ministero dell’Economia, ma il tema della governance e quello dell’attuazione appaiono ancora degli importanti snodi rimasti aperti. Viene da chiedersi come saranno identificati i progetti, come saranno selezionati gli operatori, da quali enti e con che modalità. Dovranno essere presentati degli studi di fattibilità? Chi saranno gli interlocutori? Oppure le risorse saranno allocate nei vari ministeri che provvederanno a gestirli con la classica strumentazione amministrativa? Di certo ci sarà una buona parte di risorse che potranno essere spese dalle principali partecipate pubbliche per i profili di competenza, ma anche in tal caso non è chiaro in che forma. Di certo vi è che ciascuno dei Ministeri coinvolti sarà chiamato a gestire decine di miliardi di euro da spendere in tempi brevissimi per le abitudini nostrane: uno sforzo titanico mai visto finora.

Come ormai sappiamo bene, d’altronde, il principale problema che vive ormai da tempo il nostro Paese in termini di investimenti è, infatti, l’esistenza di un enorme iato tra lo stanziato e lo speso. Occorrono dunque risposte certe a questi interrogativi e misure straordinarie in tempi ormai strettissimi. In estrema sintesi e senza presunzione di esaustività, un’agevole proposta potrebbe essere sviluppata attorno ai seguenti macro punti. Primo. Costituire delle sorti di macro centrali di committenza per il PNRR nei vari Ministeri e enti pubblici competenti per il recovery plan, con il coordinamento del Ministero dell’Economia (avvalendosi per quanto possibile anche del lavoro di soggetti già esistenti, come l’Agenzia del Demanio, il Dipe, Consip e Invitalia).

Secondo. Le centrali di committenza dovrebbero essere dotate del necessario personale altamente qualificato, sia interno dell’amministrazione che esterno, all’uopo assunto, con competenze in ambito progettuale, ingegneristico, economico-finanziario e legali (in primis, in materia di diritto amministrativo e societario). Soprattutto tutti i processi dovrebbero essere per quanto possibile digitalizzati. Terzo. Le suddette centrali di committenza dovrebbero affidare le risorse sulla base di un “corridoio preferenziale” con una disciplina ad hoc per i progetti all’interno del PNRR. Tale disciplina speciale, prevista naturalmente con norma primaria, dovrebbe prevedere l’applicazione delle direttive europee in tema di appalti e concessioni pubbliche, con termini perentori stringati e un unico procedimento autorizzativo al proprio interno anche per i profili in materia ambientale e paesaggistica.

 

Quarto. Occorrerebbe, inoltre, promuovere e rafforzare l’utilizzo del partenariato pubblico-privato (cosiddetto PPP) quale importante sistema di procurement per finanziare, costruire o rinnovare un'infrastruttura o la fornitura di un servizio, al fine di ottenere un significativo effetto leva e moltiplicatore dell’investimento pubblico, nonché quale fattore abilitante di progetti di elevata qualità e innovazione, anche attraverso una corretta allocazione dei rischi tra tutte le parti in gioco tale da spingere al rispetto dei tempi e alla riduzione dei costi. Non è un caso, infatti, che la Commissione europea negli ultimi anni abbia investito fortemente in partenariati pubblico-privati per consentire un approccio strategico a lungo termine soprattutto nel campo della ricerca, dell'innovazione e della transizione digitale. Infine, volendo dare un suggerimento più di metodo generale, laddove volessimo provare ad essere davvero ambiziosi, i capitoli di investimento del PNRR dovrebbero essere impostati in logica di impact investing. Invece di negoziare l’acquisto di “mezzi” (servizi, lavori o forniture) si dovrebbero prevede obbligazioni di “risultato”, attraverso indicatori di performance (KPI). L’adozione di outcome-based contract e strumenti di finanziamento pay by results consente, infatti, di ancorare i pagamenti al raggiungimento di risultati, generando un miglioramento della capacità amministrativa e parimenti un risparmio di spesa per l’amministrazione, nonché - al contempo - di trasferire agli attori economici il rischio operativo del raggiungimento degli obiettivi convenuti. Può sembrare impossibile, ma si può fare. 

 

*avvocato, membro del cda di Terna, già consigliere giuridico del presidente Gentiloni

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