Lavorare smart, regole e non dogmi
Finita l’emergenza, sta ad aziende e sindacati non sprecare una buona rivoluzione
-
C'era una volta il capannone. Inchiesta sull'industria che verrà
-
I nemici dello smart working sono i nemici della produttività
-
Il risveglio delle città
-
Il barometro della crisi (anche da smart working) fatto con i ticket restaurant
-
Vado a vivere in campagna? No, prima o poi tornerete in ufficio
-
Ridiamo fiducia all'Italia
-
Serve coraggio per guardare al futuro, caro sindaco Sala
-
L'estate del nostro talento
-
“Il mio regalo blu alla Roma post Covid”
-
La riapertura delle scuole, un'ossessione sospetta
Non tutti i cambiamenti che il nostro stile di vita ha subito in questi mesi sono destinati a restare, ma alcuni sì, almeno in parte. Il problema sta nel distinguere il grano della produttività dal loglio dell’emergenza. Il diritto allo smart working per i lavoratori che possono svolgere da casa le loro mansioni cesserà con l’inizio della scuola. I sindacati vedono in questo passaggio ora l’emancipazione dallo sfruttamento (come se il lavoro agile fosse una forma di schiavismo, senza diritti e senza orari), ora la privazione di una forma di flessibilità dei genitori con figli (anche al costo di giustificare qualche furbetto che se ne è approfittato). In questi termini, la discussione è però priva di senso: lavorare da casa è “smart” non perché aiuta a conciliare gli obblighi di lavoro con la genitorialità (che, per carità, è una cosa importante), ma perché consente di aumentare la produttività del lavoro e ridurre i costi (inclusi i tempi di spostamento dei lavoratori).
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitaleLe inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioniOPPURE