Non tutti i cambiamenti che il nostro stile di vita ha subito in questi mesi sono destinati a restare, ma alcuni sì, almeno in parte. Il problema sta nel distinguere il grano della produttività dal loglio dell’emergenza. Il diritto allo smart working per i lavoratori che possono svolgere da casa le loro mansioni cesserà con l’inizio della scuola. I sindacati vedono in questo passaggio ora l’emancipazione dallo sfruttamento (come se il lavoro agile fosse una forma di schiavismo, senza diritti e senza orari), ora la privazione di una forma di flessibilità dei genitori con figli (anche al costo di giustificare qualche furbetto che se ne è approfittato). In questi termini, la discussione è però priva di senso: lavorare da casa è “smart” non perché aiuta a conciliare gli obblighi di lavoro con la genitorialità (che, per carità, è una cosa importante), ma perché consente di aumentare la produttività del lavoro e ridurre i costi (inclusi i tempi di spostamento dei lavoratori).
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