Potere, padroni del vapore e qualche rimpianto nel libro di Franco Bernabè
Dal risanamento di Eni alle disavventure in Telecom. Un pezzo di storia d’Italia nel suo “A conti fatti”
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Con chi fa i conti Franco Bernabè nel suo libro intitolato A conti fatti (a cura di Giuseppe Oddo, Feltrinelli editore)? Con il capitalismo italiano del quale testimonia una parabola discendente che dura da quarant’anni? Con la politica intervenuta spesso con mano pesante? Con la propria vicenda di grande manager che ha guidato l’Eni e la Telecom (e quest’ultima in due fasi molto diverse) cioè i maggiori gruppi industriali a parte la Fiat dove, tra l’altro, si è fatto le ossa negli anni 70? Bernabè ci presenta la sua storia di giovane intellettuale entrato quasi per caso nel mondo dei patron, e la intreccia con la storia d’Italia dal declino della Prima repubblica al mancato decollo di un nuovo equilibrio di sistema, dove per sistema non s’intende solo la “casta dei politici”, ma anche i “padroni del vapore”. All’analisi e al racconto ricco di dettagli, si aggiunge il rammarico che riguarda le disavventure in Telecom. Scrive Bernabè: “Ho il rimpianto di non essere riuscito a fare ciò che ho fatto per Eni. Mi sono chiesto spesso dove avrei potuto fare meglio o che cosa avrei dovuto fare diversamente, ma non trovo una risposta che mi soddisfi”. La risposta più amara è la seguente: “Riflettendo mi sono convinto che, pur nelle drammatiche vicende che hanno caratterizzato il mio percorso in Eni (nel pieno di Tangentopoli, ndr), lo stato abbia garantito all’impresa la stabilità necessaria a realizzare un impegnativo programma di recupero, e che invece il mercato, con i suoi traguardi brevi dettati dai vincoli della finanza, lo abbia impedito a Telecom”.
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