I soliti alibi
“L’Europa non fa abbastanza”, ripetono i sovranisti. Un modo come un altro per gettare la palla in tribuna
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L'apertura di Conte alle opposizioni e l'ipotesi (lontana) di patto con il centro destra
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I duecento rubli
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Il populismo è il vero disastro della fase 2
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Stampa sovranista
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Non è la Le Pen che fa paura a Macron, ma l'outsider populista
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Il processo a Salvini nella Repubblica del “ma anche no”
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Salvini meglio processarlo su quota 100
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L'ambizione di un'Europa solidale
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Meloni e il piano Soros
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Europa ma non solo. Merkel e il miracolo della Germania diventata buona
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L'euforia della ripresa
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L'Europa c'è. E un grazie a chi un anno fa voleva farci votare
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Alla disperata ricerca dell'effetto rimbalzo, ma riprendersi si può
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Vaccini contro i teorici della rivolta sociale
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No euro, niente quattrini. Capito, Italia che frigna?
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Com'è difficile tagliare le imposte con i soldi di Bruxelles
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Salvini insegue Pappalardo: due piazze, una sola immoderazione
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Ci sono 750 miliardi di motivi per cui l'Europa conviene all'Italia
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I 4 punti del piano Colao spiegati alle opposizioni, per non chiudere gli occhi
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Chi è Tommaso Longobardi, il guru dei social di Meloni
Roma. Ma cosa vogliono, di preciso, i sovranisti che bocciano il Recovery fund? Ecco il commento di Matteo Salvini: “E’ l’ennesima dichiarazione: noi ci aspettiamo soldi veri, dall’Europa”. E Giorgia Meloni: “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità. Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”. Sarebbe facile liquidare queste reazioni con l’ironia. In fondo, Salvini era quello che voleva pagare i fornitori della Pa con ii minibot, cioè la versione italiana dei patacones argentini (il Foglio, 17 giugno 2019). Mentre Meloni, pur di smarcarsi dall’Europa, si è spinta a invocare l’intervento emergenziale del Fondo monetario internazionale (come ha spiegato Luciano Capone sul Foglio di giovedì), come i paesi in via di sviluppo sull’orlo del dissesto.
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