Foto di The New York Public Library

Della Cananea spiega come rendere trasparente la giustizia tributaria

Burocrazia, fisco e magistratura non del tutto indipendente. Idee per superare le debolezze dell’Italia senza più ipocrisie

Roma. Il presidente del Consiglio ha scritto una lettera al Corriere della Sera, il 27 maggio, annunciando un ambizioso piano per la “modernizzazione del Paese”. Tra i pilastri di questo piano vi sono la riduzione della burocrazia, la riduzione dei tempi della giustizia e la riforma fiscale. Questa viene considerata necessaria perché, a suo dire, “non possiamo più permetterci un fisco iniquo e inefficiente” e dobbiamo “rendere più trasparente la giustizia tributaria”. Non è l’unico ad annunciare riforme. Lo stesso giorno, sul Foglio, ha preso posizione a favore della riforma del fisco anche il ministro dell’Economia, che ha la responsabilità per le politiche fiscali all’interno dell’esecutivo, ma non si pronuncia sulla giustizia tributaria. Ne parliamo con Giacinto della Cananea, componente “laico” del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (Cpgt) e ben noto ai lettori del Foglio.

  

Come si può “rendere più trasparente la giustizia tributaria”?

“Vi è da tempo una pubblica richiesta di maggiore trasparenza, da parte degli attori del processo, variamente recepita dalle forze politiche. La mia opinione è che tale richiesta possa essere declinata sotto due profili connessi, ma distinti, ossia come indipendenza dei giudici tributari rispetto al potere esecutivo e come prevedibilità delle loro decisioni, nell’ottica d’una maggiore certezza del diritto”.

 

La prima esigenza è rendere i giudici tributari più indipendenti?

“Su questo punto, bisogna intendersi. L’indipendenza esterna dei giudici tributari è garantita dalla legge, per quanto riguarda le modalità di selezione (per concorso) e di assegnazione agli uffici. Esso gestisce anche i procedimenti disciplinari. Né si può accusare il Mef d’ingerenza per il pagamento dei compensi, perché sono rigorosamente predeterminati dalla legge e sono erogati da un ufficio del Mef ben distinto dall’Agenzia delle entrate.”

 

Tutto va bene, allora, nella magistratura tributaria?

“Non proprio. Innanzitutto, la circostanza che la giustizia tributaria, in alcune parti del Paese, sia materialmente resa all’interno delle sedi dell’amministrazione finanziaria non aiuta certamente a dare ai contribuenti l’immagine d’una terzietà rispetto a una delle parti, il fisco. Il punto è che la terzietà non deve soltanto esserci, ma anche essere percepita dal pubblico. Inoltre, qualche volta, per eccesso di zelo, l’Agenzia delle entrate ha emanato circolari, oltre che sulle norme tributarie, sul processo”.

 

Non è un’ingerenza? E’ successo anche di recente?

“Si, nella non impeccabile produzione normativa del nostro governo volta ad affrontare l’emergenza epidemiologica, in un primo momento il processo tributario è stato trascurato. Poi, vi si è posto rimedio, dapprima con il decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, poi con quello dell’8 aprile. L’Agenzia delle entrate vi ha messo del suo, pubblicando una circolare, per fornire chiarimenti sul rinvio delle udienze e sulla sospensione dei termini processuali. Alberto Liguori (Nda: anch’egli componente del Cpgt) sul Riformista del 22 aprile e Alberto Marcheselli sulla Rivista di diritto tributario del 25 aprile, hanno opportunamente criticato questa scelta, , sottolineando che non spetta a una delle parti impartire istruzioni ai giudici tributari. E’, semmai, il Cpgt a dover fornire loro linee guida, come ha fatto”.

 

Meglio così. E l’altra esigenza, quella della maggiore certezza del diritto?

“Qui la criticità è forse maggiore. L’anno scorso, il Cpgt ha svolto un ciclo di audizioni, con tutti i soggetti del processo tributario (magistrati, avvocati, commercialisti), da cui è risultato che, unitamente ai tempi con cui la giustizia è resa, soprattutto da alcune commissioni tributarie, il problema maggiore è la divergenza tra gli orientamenti dei giudici. Ciò riguarda, paradossalmente, anche il terzo grado di giudizio, spettante alla Corte di Cassazione. L’auspicio, ovviamente, è che la Corte riesca a comporre le divergenze, le incoerenze, e che lo faccia tempestivamente. Bisogna, infatti, tenere conto della questione temporale. Il diritto, in questo caso quello tributario, influisce sulla crescita dell’economia in due modi: con un impatto diretto nella singola controversia su cui viene resa giustizia, con ripercussioni indirette ma più ad ampio raggio. L’incertezza sugli oneri cui i cittadini e gli operatori economici sono tenuti a corrispondere influisce negativamente sulla percezione, da parte loro, dell’adeguatezza dell’azione dello Stato. E’ un fattore negativo che va rimosso, anche nella prospettiva della promozione degli investimenti provenienti dall’estero. Burocrazia, fisco e giustizia sono percepiti come altrettanti punti di debolezza dell’Italia. Questa consapevolezza è più o meno comune a tutte le forze politiche, vi è da sperare che esse siano più vicine che nel recente passato a proporre soluzioni concrete, operative”.