(foto LaPresse)

Andiamo in auto, non in monopattino

Redazione

Le garanzie a Fca e l’opportunità (e i problemi) del passaggio all’elettrico

La transizione ecologica, uno dei pilastri per accedere al futuro “Next Generation Ue”, e della quale l’auto elettrica è parte rilevante, non sarà una passeggiata per nessuno; ma in particolare l’Italia non potrà cavarsela finanziando monopattini o facciate. Secondo una serie di report di Bloomberg i big dell’auto, con vendite in pesante calo già prima del Covid, vedono nel passaggio all’elettrico e all’ibrido un’opportunità e molti problemi. Tra i piani della commissione Ue c’è il Clean automotive investment fund da 40-60 miliardi, che potrebbe anche raddoppiare per mantenere l’impegno alle emissioni zero sui veicoli prodotti dal 2025. Ma intanto negli Usa le prime settimane di pandemia e il crollo dei prezzi del greggio sono già costati 106 mila posti di lavoro e guadagni azzerati nel settore delle energie pulite. Guardando all’auto europea, la Volkswagen, che ha ristrutturato totalmente lo stabilimento di Zwickau per produrvi le Id3, con l’obiettivo di farne la vettura media totalmente elettrica più venduta in Europa, ha detto al governo tedesco di considerare a rischio i 33 miliardi investiti: Vw cita la Cina, primo produttore d’auto del mondo con metà del fatturato nell’elettrico-ibrido, che in questo settore prevede nel 2020 un calo di vendite del 14 per cento (932 mila auto). Angela Merkel ha promesso di rinviare di un anno l’abbandono dei motori termici, ma intanto Vw vuole investire proprio in Cina, approfittando della crisi, nella produzione di batterie. L’apparente controsenso si spiega con l’obiettivo di ridurre i costi comprando tecnologia altrui, e significherebbe il parziale abbandono di un polo elettrico europeo. Al contrario il governo francese spinge Renault, Nissan e Mitsubishi, controllate giapponesi, a una maggiore integrazione per trasferire le tecnologie elettriche in Europa. Il trend è comunque solo rallentato. Anche per questo non c’è scandalo nelle garanzie pubbliche che il governo italiano darebbe al prestito di Intesa a Fca Italy: si tratta non solo di tutelare l’occupazione ma anche di non ostacolare la fusione con Psa, a questo punto vitale per non restare fuori da tutti i giochi. Compresi i fondi europei.

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