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Alla disperata ricerca dell'effetto rimbalzo, ma riprendersi si può

Renzo Rosati

Un percorso obbligato per la crescita. Come orientare nel verso giusto gli investimenti pubblici, a partire dai fondi Ue

Se nel 2020 il calo del pil italiano è previsto tra l’8 e il 9,5 per cento, a seconda di chi formula le previsioni (la prima è del governo, la seconda dell’Unione europea; la Banca d’Italia stima il 9, Goldman Sachs l’11,6), e comunque peggio dell’Eurozona che dovrebbe fermarsi al 7,7, nel 2021 la situazione dovrebbe invertirsi. Seppure di poco, l’Italia beneficerebbe di una ripresa di poco migliore dell’area euro: il 6,5 contro il 6,3. Anche in questo caso le stime sono ballerine, su due punti però le analisi sono d’accordo: il ritorno alla crescita avrà due componenti, e cioè un effetto rimbalzo dei settori più colpiti dal lockdown, e la capacità di orientare nel verso giusto gli investimenti pubblici. Nel caso italiano a partire da quelli provenienti dall’Europa, visto che il nostro paese ne sarà il maggior beneficiario. Il rimbalzo, secondo Bruxelles, riguarderà principalmente tre settori: turismo, manifattura incluse le costruzioni, e consumi a partire dall’abbigliamento.

 

Ma non si tornerà ai livelli precedenti, che pure erano i più bassi d’Europa. Più prezioso sarà quindi l’utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Ue. La traccia venuta mercoledì coincide con quanto dichiarato al Foglio e in Parlamento dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, segno di un lavoro comune. Al primo punto c’è il famoso sblocco delle infrastrutture, a sua volta condizionato dalla semplificazione burocratica. E’ importante anche dare un segnale, poiché l’erogazione dei fondi sarà a tranche: l’avvio di una riforma del codice di procedura civile, lo snellimento di passaggi autorizzativi. Al secondo c’è il piano di digitalizzazione della Pubblica amministrazione: scuola, telemedicina e di nuovo uffici pubblici. Al terzo gli investimenti dello stato nella manifattura, diretti ma anche sotto forma di incentivi: la stabilizzazione per tre anni di quelli a Industria 4.0 (che in un primo momento erano stati “dimenticati”) e un loro possibile raddoppio vanno in questa direzione.

 

La riforma fiscale con riduzione delle aliquote intermedie potrà avere un ruolo rilevante anche se non fa parte della scaletta europea. Ma non ci sarà ripresa, anzi, se qualche intemperanza sovranista farà risalire lo spread.

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