Il grande acceleratore del nostro futuro
Lavoro, politica, sindacati. Il virus ha costretto l’Italia ad accelerare alcune rivoluzioni. Come farsi trovare preparati
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Il popolo degli ultimi che il virus ha già spazzato via
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Il vaccino per l'economia
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C'è un altro mondo che è nelle nostre condizioni, sempre. Cominceremo a capirlo?
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Vivere dopo la quarantena
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Dobbiamo rassegnarci a un 2020 senza estate?
Velocità, nella stagione del contagio, è una parola cupa, tetra, angosciante, che tende a essere associata unicamente al grande incubo di questi giorni, ovverosia alla velocità con cui la malattia dilaga, alla velocità con cui i pazienti si infettano, alla velocità con cui gli infettati muoiono, alla velocità con cui gli ospedali si riempiono, alla velocità con cui i cimiteri esplodono. La velocità, nella stagione del contagio, è una parola che ciascuno di noi associa a un’emozione negativa, a quel groppo che si forma nelle nostre gole ogni giorno alle 18, quando non c’è trend positivo sui nuovi contagiati, che anche ieri sono stati un po’ meno del giorno precedente, che riesca a farci dimenticare la velocità con cui il virus ogni giorno si porta via centinaia e centinaia di persone.
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- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.