Gli americani si muovono magari per ultimi sul terreno sanitario, ma al solito per primi su quello finanziario. Così, dopo l’inconcludenza del G7 in videoconferenza, la Federal Reserve è intervenuta con un taglio di mezzo punto del costo del denaro all’1-1,25 per cento. È l’intervento più drastico dal 2008 ma anche, sommato alle tre riduzioni di un quarto di punto nel 2019, l’inversione di tendenza rispetto alle cautele del presidente Jerome Powell, che aveva resistito alle pressioni della Casa Bianca e del suo stesso board per tagli più consistenti. Ancora ieri mattina Donald Trump chiedeva a Powell di muoversi immediatamente, e alcuni analisti immaginano un’altra mossa a primavera, se il Covid-19 si diffonderà negli Usa. Eppure Wall Street, che lunedì ha fatto registrare un aumento record del 5 per cento, dopo l’annuncio della Fed e qualche iniziale euforia, ha iniziato a perdere. L’Europa è invece rimasta quasi tutta in positivo (Milano dell’1,5 dopo rialzi in mattinata fino al 3). Ma, come dicono tutti gli esperti, più che interventi di politica monetaria servono misure di politica fiscale ed economia reale.
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