La grande corsa di Big Tech

Redazione

Quanto durerà l’ascesa in Borsa della Silicon Valley?, si chiede l’Economist

In barba al “techlash”, cioè a quel fenomeno per cui dopo gli scandali stile Cambridge Analytica si è creduto che le grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley fossero davanti a una crisi di sfiducia che avrebbe portato gli utenti ad abbandonarle e i legislatori a colpirle con l’Antitrust, Big Tech non è mai stato così bene. Specialmente in Borsa, racconta l’articolo di copertina dell’Economist di questa settimana, che descrive l’eccezionale cavalcata delle cinque maggiori aziende tecnologiche americane: Alphabet, Amazon, Apple, Facebook e Microsoft sono cresciute in Borsa del 52 per cento negli ultimi 12 mesi, quattro su cinque valgono almeno mille miliardi di dollari (Facebook soltanto 620 miliardi), e tutte insieme valgono un quinto dell’intero indice Standard & Poor’s.

   

Ora, ci sono soltanto due possibili spiegazioni davanti a questa crescita fenomenale, scrive il magazine britannico. O siamo davanti a una bolla che presto scoppierà, esattamente come è successo alla bolla dot-com dei primi Duemila. Oppure i mercati hanno ragione, e Big Tech è inarrestabile: in effetti gran parte dell’economia deve essere ancora digitalizzata, e ci sono i paesi in via di sviluppo da conquistare, è plausibile pensare che la crescita sia praticamente infinita.

    

La parte interessante arriva quando l’Economist cerca di trarre le conseguenze di entrambe le opzioni: se dovessimo trovarci davanti a una bolla finanziaria il suo scoppio sarebbe terribile, per ovvie ragioni. Ma anche nel caso in cui il successo finanziario di Big Tech sia equiparato a un successo economico, ci troveremmo davanti a una concentrazione di potere politico ed economico vista raramente in precedenza, e a nuove ondate di risentimento nelle nostre economie sconquassate dalla rivoluzione digitale. Una parte consistente del futuro di Big Tech è ancora nelle mani dei legislatori di tutto il mondo. L’Europa, la Cina e perfino gli Stati Uniti stanno discutendo e sperimentando metodi di regolamentazione, con Bruxelles che come al solito fa da avanguardia, come abbiamo visto in questi giorni con le proposte di regolamentazione del mercato dei dati e dell’intelligenza artificiale.

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