Un Apple store a Pechino (Foto LaPresse)

Apple colpita dal virus

Eugenio Cau

L’azienda americana è la prima ad annunciare la revisione dei dati economici, non sarà l’ultima

Milano. Ieri Apple è stata la prima azienda ad annunciare che non rispetterà le sue previsioni di vendita per il primo trimestre del 2020 a causa della crisi sanitaria internazionale provocata dal coronavirus Covid-19. L’azienda ha pubblicato un comunicato stampa ufficiale in cui si legge che i problemi sono due: il primo è che “la fornitura di iPhone in tutto il mondo sarà temporaneamente ridotta”, perché le fabbriche cinesi che assemblano gli smartphone non riescono a lavorare a pieno regime. Il secondo è che “la domanda per i nostri prodotti in Cina è stata colpita”, e questo è relativamente immediato: i cinesi sono troppo impegnati a combattere contro il coronavirus per comprare iPhone nuovi. “I fondamentali di Apple sono forti e questa interruzione è solo temporanea”, dice il comunicato. Nonostante questo, ieri il titolo in Borsa ha perso il 5 per cento, per poi recuperare leggermente terreno.

 

Bloomberg ha ottenuto anche il testo di un comunicato a uso interno che il ceo di Apple, Tim Cook, ha inviato parallelamente a quello ufficiale in cui si legge che “la nostra prima priorità – ora e sempre – è la salute e la sicurezza dei nostri impiegati, dei partner nella supply chain, dei clienti e delle comunità in cui operiamo”. In nessuno dei due comunicati Cook dice di quanto saranno riviste le previsioni di crescita. Fino al giorno prima, Apple aveva previsto un trimestre record con entrate tra i 63 e i 67 miliardi di dollari.

 

Dei due problemi indicati da Apple, il blocco dei consumi in Cina e il blocco della produzione, il secondo è certamente il più grave, perché mette in pericolo le vendite anche in zone non toccate dal virus. La maggioranza dei nuovi iPhone è assemblata dall’azienda taiwanese Foxconn in una gigantesca fabbrica-città a Zhengzhou, nella provincia dello Henan. A pieno regime lavorano agli iPhone circa 200 mila impiegati ma, ha scritto il Financial Times, Foxconn ha annunciato ieri che non riesce a rimettere in moto la sua forza lavoro con la rapidità che vorrebbe. Il problema è: dopo che le autorità di Pechino hanno imposto un periodo di ferie più lungo del solito per l’anno nuovo cinese nel tentativo di limitare la diffusione del virus, gli operai stanno lentamente cominciando a tornare alle fabbriche. Ma la provincia dello Henan ha imposto una quarantena di 7-14 giorni per tutti i lavoratori che arrivano da fuori. La gigantesca fabbrica di Foxconn ha annessi enormi dormitori in cui sono ospitati otto operai per stanza. Ma con la quarantena in corso, ciascuna stanza è stata riservata a un solo lavoratore, e ben presto i posti letto si sono esauriti. Così l’azienda ha detto agli operai di non tornare finché non ci saranno posti letto, e la produzione va a rilento. Questo senza contare che alcune linee produttive sono state riconvertite per rispondere alla crisi: in un’altra fabbrica, a Shenzhen, Foxconn ha annunciato che comincerà a produrre mascherine per il viso, l’obiettivo è farne due milioni al giorno.

 

Nelle fabbriche di Foxconn non si assemblano soltanto i prodotti di Apple, ma anche parte di quelli di Samsung, di Huawei e di moltissime altre grandi aziende della tecnologia e dell’elettronica. E Foxconn non è certo l’unica fabbrica con sedi in Cina ad annunciare un rallentamento o uno stallo della produzione. Dunque se Apple è stata la prima ad annunciare che i risultati delle vendite vano visti al ribasso, è probabile che non sarà l’ultima. Nel settore automobilistico, per esempio, Volkswagen ha annunciato che ritarderà la riapertura in alcune delle sue fabbriche in Cina fino al 24 febbraio; altri produttori come Fca e Hyundai hanno segnalato problemi nelle loro fabbriche fuori dalla Cina per scarsità di componenti.

 

Tornando al settore tecnologico, lunedì l’agenzia di analisi TrendForce ha pubblicato un report in cui quantifica per la prima volta l’impatto del coronavirus sulla produzione globale. Il report considera la necessità di forza lavoro per ciascun settore e prevede, per esempio, che il lancio del 5G in Cina sarà rallentato: il 25 per cento della produzione mondiale di cavi a fibra ottica si trova nella zona di Wuhan. La produzione degli smartphone si ridurrà del 12 per cento, abbiamo già visto il perché, e questo sarebbe il calo più importante negli ultimi cinque anni. La produzione di smartwatch (come Apple Watch) si ridurrà del 16 per cento. Al contrario, la produzione dei nuovi modelli di console XBox e Playstation non comincerà fino al prossimo trimestre e dovrebbe essere salva, sempre che nel frattempo si trovi un modo per fermare il virus.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.