Foto LaPresse

Ingiuste detrazioni

Claudio Di Donato

L’irrazionalità di un fisco che tassa non in base al reddito ma alle categorie. Numeri sconcertanti

Roma. Il fisco italiano ha poche virtù e molti vizi. Le molteplici storture lo rendono un sistema privo di una logica economica coerente e carente di una visione di lungo termine improntata ai valori della giustizia e dell’equità. Il principale difetto è la mancanza di stabilità. Da anni si assiste a una bulimica produzione di norme fiscali continuamente modificate, ripensate e aggiustate. Uno stress per l’intero sistema di tassazione che assume le sembianze di un cantiere senza fine. Il percorso necessario per costruire un’architettura normativa coerente ed efficace si trasforma in un miraggio mentre la realtà è la costante disarticolazione del sistema. L’effetto di questo perverso processo non è tanto la complessità e la miopia del fisco quanto la sua preoccupante crescente iniquità.

 

Gli interventi sul fisco non sono concepiti in una logica di sistema ma disegnati per specifiche nicchie di contribuenti pregiudicando i principi basilari di equità orizzontale (identica tassazione a parità di reddito) e verticale (progressività lineare) tra i vari soggetti. Una pregevole e dettagliata analisi della Cna (Confederazione degli artigiani e della piccola e media impresa) sul taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti mette in risalto come la misura di taglio delle imposte alimenti una ulteriore dilatazione dell’iniquità del prelievo.

 

Il decennale dibattito politico per ridisegnare le aliquote e gli scaglioni ignora l’evidente verità che oggi il prelievo fiscale dipende marginalmente dal livello di reddito e soprattutto dalla categoria di appartenenza del contribuente. E’ la premessa per la dissoluzione del principio cardine di ogni sistema fiscale: tassare allo stesso modo tutti i redditi di qualsiasi fonte, che siano lavoro autonomo, dipendente e pensione.

 

L’intervento sul cuneo amplifica le differenze tra categorie di contribuenti come dimostra lo studio realizzato dalla Cna, penalizzando in particolare le piccole imprese personali soggette all’Irpef e inasprendo il differenziale della curva della tassazione sui redditi sopra i 30 mila euro l’anno. Il legislatore sembra aver dimenticato che il sistema costruito su varie aliquote Irpef rappresenta soltanto l’impalcatura della progressività del fisco che viene disegnato, invece, dalle detrazioni fiscali che pesano per un ammontare di circa 69 miliardi di euro (anno d’imposta 2017). Il taglio del cuneo farà salire il totale delle detrazioni a 72 miliardi quest’anno e quasi 75 miliardi l’anno prossimo, pari a circa un terzo del totale Irpef.

 

La prima distorsione del sistema riguarda l’identificazione della No Tax Area. Lo studio della Cna evidenzia che sulla base delle detrazioni i redditi da lavoro dipendente non sono sottoposti a Irpef fino a 10 mila euro. I pensionati sono esenti fino a 8 mila euro mentre per i redditi da lavoro autonomo (imprese individuali e società di persone in contabilità semplificata) è riconosciuta una detrazione che consente di escludere dalla tassazione redditi inferiori a 4.800 euro. Per le imprese individuali con contabilità ordinaria non esiste alcuna forma di No Tax Area Irpef.

 

Il decreto legge varato recentemente sulle modalità per il taglio del cuneo si basa sul potenziamento (fino a 100 euro) e ampliamento (l’asticella sale da 28 mila a 40 mila euro) della platea del cosiddetto bonus 80 euro varato dal governo Renzi. I benefici circoscritti a una determinata categoria di contribuenti acuiscono l’iniquità del sistema fiscale che penalizza soprattutto le piccole imprese personali. Un altro esempio rende ben evidente l’ulteriore divaricazione tra stessi livelli di reddito. Prendendo come riferimento un reddito di 15 mila euro l’anno, un’impresa individuale dovrà pagare 3.450 euro di Irpef, un’impresa in contabilità semplificata (lavoro autonomo) 2.570 euro. Per un pensionato il conto dell’Irpef sarà di 2.153 euro e per un lavoratore dipendente appena 926 euro con il bonus 80 euro. Con il recente decreto sul cuneo quel lavoratore dipendente non pagherà più Irpef fino a 15 mila euro. Le rilevanti differenze di imposta tra le varie categorie iniziano ad assottigliarsi solo a partire da un livello di reddito superiore a 20 mila euro fino a sparire quasi completamente dalla soglia di 55 mila euro.

 

Sono le detrazioni a disegnare una progressività molto accentuata dell’Irpef con l’effetto di far pesare quasi tutto il prelievo su una platea ristretta di contribuenti con redditi superiori a 30 mila euro (sul 20 per cento dei contribuenti grava il 68 per cento dell’Irpef). Il bonus da 80 euro rappresentava una anomalia fiscale criticata anche da sindacati e pezzi della maggioranza parlamentare di allora. Sul rafforzamento di quella misura oggi invece si registra un consenso quasi unanime in Parlamento e tra i rappresentanti dei lavoratori. Non è un dettaglio, è il sintomo della idiosincrasia italica a scrivere una riforma razionale e coerente del sistema fiscale.

Di più su questi argomenti: