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La concorrenza ai tempi di Airbnb

Redazione

La proposta italiana e la rivolta dei sindaci europei. Ma la realtà ha due facce

Limitare a tre gli immobili che un privato può affittare per soggiorni brevi, diversamente sarà equiparabile a un’impresa con relativi oneri. Così il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini vuol riformare l’attività alberghiera che vede in competizione i privati che si affidano a piattaforme digitali come Airbnb e le strutture tradizionali come alberghi e pensioni. Messa così pare accettabile, dopo il tentato blitz con il solito emendamento Pd al decreto Milleproproghe e la solita controffensiva di Italia viva in difesa della libera iniziativa. Ma la realtà ha due facce, quella delle statistiche di Airbnb e quella di Federalberghi. Per la piattaforma gli alloggi turistici online in Italia erano 397 mila nel 2018 (saliti oggi a 415 mila), mentre il “tipico host” avrebbe guadagnato 2.284 euro all’anno condividendo la casa in media 25 giorni. Federalberghi sostiene che già le cifre stridono con le 113 mila strutture extralberghiere rilevate dall’Istat, “quindi almeno 280 mila alloggi sfuggono ad ogni controllo”, e soprattutto che più che di condivisione si dovrebbe parlare di un business: “Solo il 43,2 per cento degli annunci sono di host con un solo alloggio, mentre il 19,9 ne gestisce più di 5 con casi limite di 4 mila alloggi”. Airbnb parla di ricerca di immersione nella realtà italiana da parte dei turisti, secondo Federalberghi il 77 per cento degli annunci si riferisce ad interi appartamenti nei quali non abita nessuno. Concorrenza sleale, insomma. La mediazione non affronta però due altri aspetti: il 21 per cento di imposta, pari a 400 milioni, che Airbnb dovrebbe riscuotere e girare al fisco (un contenzioso con l’Agenzia delle entrate ha portato al versamento di 6 milioni); e la pervasività dei trolley nelle scale di casa nei centri storici: il 25 per cento degli immobili a Firenze e il 30 di Venezia sono affittati come Airbnb. I sindaci di Parigi, Vienna, Amsterdam, Bruxelles, Monaco di Baviera, Valencia, Bordeaux, Cracovia, politicamente trasversali, hanno chiesto alla Ue i poteri per bloccare Airbnb di propria iniziativa. Per ora Franceschini scongiura il rischio che ai vari problemi – compresa ora l’ipotesi di aumento dell’Iva proprio per alberghi e ristoranti – si aggiunga la guerra delle burocrazie comunali.

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