L'Italia ha una zavorra che si chiama debito pubblico, avverte la Bce

Mariarosaria Marchesano

L’indebitamento non è una minaccia nel breve periodo ma un vincolo alle politiche economiche. Parla Zanghieri (Generali Inv.)

Roma. L’Italia è in buona compagnia insieme con altri sette paesi della zona Euro che – come sottolinea il bollettino della Bce pubblicato ieri – presentano nei documenti di programmazione economica per il 2020 rischi di non conformità al patto di stabilità e crescita, e perciò dovrebbero valutare tempestivamente ulteriori misure per garantire un equilibrio nei loro bilanci. Mal comune mezzo gaudio? Non proprio, perché il nostro paese ha il secondo debito pubblico più elevato dell’area in rapporto al pil (dopo la Grecia) e anche se non è l’unico a preoccupare Bce e Commissione europea – che evidenziano come anche Francia, Belgio e Spagna non abbiano ancora avviato un “costante percorso di riduzione” – è sicuramente quello maggiormente esposto a causa dello spread sovrano che continua a essere sotto pressione per effetto delle tensioni politiche interne. L’invito che arriva dalle istituzioni europee è di affrontare “in modo risolutivo” il contenimento del debito “anche ricorrendo a eventuali disponibilità straordinarie derivanti dai bassi tassi d’interesse”.

 

Ma se il differenziale tra i Btp e Bund tedeschi si mantiene su un livello doppio o triplo rispetto ad altri paesi che pure deviano dai parametri di bilancio, è la prova che i mercati attribuiscono all’Italia un rischio superiore. “Dal punto di vista aritmetico la sostenibilità del debito pubblico italiano non desta particolari preoccupazioni, perché in questo periodo il livello dei rendimenti dei Btp è ai minimi storici e l’avanzo primario è ancora positivo”, spiega al Foglio Paolo Zanghieri, analista del team di ricerca di Generali Investments. “Ma nel complesso il paese si muove su un sentiero stretto perché l’elevato indebitamento, pur non rappresentando una minaccia nel breve periodo, è comunque un vincolo alle politiche economiche”.

 

Nella manovra del governo Conte Bis, i due terzi delle risorse sono state impiegate per scongiurare l’aumento dell’Iva perché si è scelto di confermare misure come Quota 100 e reddito di cittadinanza, con il risultato di ridurre al minimo lo spazio di bilancio per attuare politiche di sviluppo. “Non ci sono segnali che le cose cambieranno il prossimo anno”, dice Zanghieri. “Secondo le nostre previsioni, l’Italia crescerà nel 2020 dello 0,4 per cento, solo in minima accelerazione rispetto al 2019. La necessità di evitare anche per il 2021 l’aumento automatico dell’Iva renderà difficile trovare risorse significative per stimolare la crescita”. Inoltre, il ciclo economico del paese è fortemente correlato a un contesto mondiale incerto. Sempre il bollettino della Bce ha rivisto lievemente al ribasso le stime di crescita dell’Eurozona portandole all’1,1 per cento per il 2020 dall’1,2 per cento di settembre per effetto delle tensioni sul commercio mondiale che l’accordo di “fase 1” tra Stati Uniti e Cina ha solo smussato. Negli outlook per il 2020, molti analisti stanno osservando come l’Eurozona si trovi di fronte a un “nuovo test di sopravvivenza” in un contesto mondiale dove ci sono aree molto più attraenti per gli investitori.

 

Nel 2020 l’Europa si svilupperà a un ritmo che è quattro volte inferiore rispetto alla media dei paesi emergenti (4,7 per cento). Non ci sarebbe da sorprendersi se si assistesse a un deflusso di capitali dal Vecchio Continente verso paesi come Brasile e Cina. Nella sua lettera agli investitori, Christian Nolting, chief investment officer di Deutsche Bank, si domanda se la “magia monetaria” della Banca centrale degli ultimi dieci anni potrà continuare a funzionare, il che la dice lunga su come la politica monetaria venga percepita come depotenziata in una fase in cui le tre principali riforme dell’Eurozona, dal Bilancio comune all’Unione bancaria fino al Meccanismo europeo di stabilità, sono frenate dalle preoccupazioni dell’Italia e dalle resistenze della Germania.

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