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Censura al Cnel

Barbara D'Amico

Il Consiglio cancella due capitoli del suo Rapporto, scritti da economisti, perché non piacciono ai sindacati

Roma. Le censure, a volte, rischiano di far emergere con più evidenza ciò che è stato cancellato. E’ il caso del corposo Rapporto del Cnel sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva presentato ieri a Roma, orfano di due importanti analisi che pure erano state previste come parte del documento: una sul salario minimo, scritta da Claudio Lucifora e Andrea Garnero, e l’altra sulle pensioni, scritta da Marco Leonardi. Entrambe stralciate dalla pubblicazione ufficiale e la cui espunzione salta ancora più all’occhio per via delle motivazioni che ne hanno segnato lo stop: la volontà dei sindacati. Oppure, nella versione ufficiale, una mancata intesa all’interno del Consiglio tra le diverse voci che compongono l’organo costituzionale. Il dissenso è maturato non sulla parte scientifica, ma su quella in cui sono contenute le proposte e le misure di natura, per così dire, più “politica”. Suggerimenti su come superare le disfunzioni previdenziali e la depauperazione dei compensi dei lavoratori. “Le proposte inserite nel rapporto devono essere coerenti con gli orientamenti del Cnel. Quest’anno su due punti ben noti al dibattito pubblico le parti hanno maturato posizioni diverse – spiega il presidente del Cnel, Tiziano Treu –. Per la parte delle pensioni abbiamo istituito un gruppo di lavoro ad hoc che continuerà a lavorare sul documento e anche sul tema del salario minimo, su cui tutte la parti si sono trovate in disaccordo, dovremo stabilire una posizione comune anche perché saremo chiamati a deporre in Parlamento”.

 

Fa riflettere però che uno studio dedicato alla contrattazione collettiva e al lavoro ometta due analisi affidate a tecnici su temi fondamentali e ampiamente dibattuti, divenuti oggetto di dissenso non durante la stesura ma prima della pubblicazione. Il tutto all’interno di un organo che per natura dovrebbe informare al meglio i decisori politici con analisi e proposte tecniche coerenti, certo, ma anche complete. 

 

A curare il capitolo censurato sulle pensioni, dicevamo, è stato l’economista Marco Leonardi che continuerà a seguire il report nel gruppo di lavoro specifico. L’altro capitolo espunto, quello sull’introduzione del salario minimo legale curato dal consigliere esperto del Cnel Claudio Lucifora (che tra l’altro è il curatore del rapporto) insieme all’economista dell’Ocse Andrea Garnero, sembra offrire uno spaccato alternativo alla vicenda. Il testo è stato cassato, secondo Garnero, dopo lo stop dei sindacati in quota al Cnel. “Questo capitolo, analizzava il dibattito sul salario minimo legale in Italia, partendo da una comparazione con gli altri paesi europei – spiega l’economista –. Non dicevamo nulla che non si sapesse già, ma quando lo abbiamo inviato inviato al Cnel è scoppiato il caos. E’ arrivato l’altolà dei sindacati che hanno richiesto modifiche al contenuto in assenza delle quali il testo sarebbe stato escluso dal report finale”. Lucifora ha preferito non commentare. Le parti da modificare, sempre secondo Garnero, sarebbero state quelle relative alla necessità, secondo gli esperti, di tener conto delle sperequazioni tra Nord e Sud nell’applicazione dei criteri per definire le buste paga. Una critica, dunque, al sistema adottato ancora oggi, figlio delle contrattazioni sindacali.

 

Esistono varie proposte di legge depositate in Parlamento su come introdurre un limite salariale nazionale. Ma sulle regole per stabilire la soglia minima dei compensi dei dipendenti, oggi stabiliti attraverso più di 800 contratti collettivi nazionali, i corpi intermedi stanno conducendo una loro battaglia. Vogliono evitare, cioè, che la soglia stabilita dal legislatore smantelli i minimi retributivi già fissati nei contratti, limiti anche più alti di quelli in discussione (9 euro lordi l’ora). Posizione legittima, ma che non dovrebbe soffocare scenari e soluzioni alternative in fase di dibattito. “Abbiamo sempre ritenuto che il compito di contrastare i bassi salari e il lavoro povero spetta in primo luogo alla contrattazione collettiva nazionale – si legge nel rapporto ufficiale – che… è decisiva per sostenere i redditi dei lavoratori e per ridurre le diseguaglianze”.

  

Insomma, la posizione del Cnel c’è ed è quella espressa dai sindacati. “La politica non invada il campo delle parti sociali: no al salario minimo per legge, sì al riconoscimento della contrattazione delle organizzazioni sindacali comparativamente maggiormente rappresentative”, scrive su Twitter il Dipartimento politiche sociali e salute di Cisl, tanto per citare un esempio. “Il salario minimo è uno strumento con pregi e difetti – spiega però Garnero –. E’ giusto quindi che ci sia un dibattito sul tema. Se però questo dibattito si rifiuta a priori, il rischio è poi di entrare a gamba tesa su un fenomeno complesso, regolando la misura con un decreto grossolano”. Uno scenario, forse ben peggiore di un omissis.

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