Francesco Greco (foto LaPresse)

Da Ilva alle idee per la web tax: Greco e il modello della procura di Milano

Mariarosaria Marchesano

L’approccio “sinergico” ai reati finanziari tra il pm e lo stato 

Milano. L’indagine della procura di Milano sulla vicenda Ilva-ArcelorMittal, aperta in seguito alla decisione di esercitare il diritto-dovere di intervento previsto dal codice civile quando in gioco c’è un interesse pubblico, potrebbe essere un nuovo capitolo di quel “modello Milano” maturato all’interno della procura della Repubblica milanese da quando è guidata da Francesco Greco, che a metà del 2016 ha preso il posto di Edmondo Bruti Liberati. Magistrato esperto di reati finanziari, Greco ha dedicato buona parte della sua carriera a elaborare metodologie di analisi e indagine in questo specifico settore. Negli ultimi anni, infatti, con il suo indirizzo, la procura più attiva d’Italia ha costruito un tipo di azione di contrasto agli illeciti fiscali di giganti del web, gruppi della moda e banche, in cui un tratto distintivo è il gioco di squadra tra magistrati e istituzioni pubbliche. Un insolito patto, che ha permesso all’Erario di incassare negli ultimi anni oltre 5 miliardi di euro, quanto una mini-manovra economica, e acceso aspettative su introiti anche maggiori per il futuro. Nel caso dell’Ilva, l’indagine non ipotizza – per ora – un reato di tipo tributario, ma Greco ha messo in campo gli stessi magistrati che tra il 2015 e il 2017 hanno condotto l’inchiesta sulla bancarotta della società quand’era della famiglia Riva e che sono riusciti a recuperare 1,3 miliardi di euro dai conti all’estero (i fondi sono in seguito stati destinati al risanamento ambientale dello stabilimento di Taranto, poi ceduto al gruppo Arcelor-Mittal). Quindi non si può escludere a priori che anche questa seconda inchiesta possa assumere in futuro aspetti fiscalmente rilevanti che la facciano rientrare nel nuovo solco tracciato da Greco. 

 

 

Per capire esattamente in che cosa consiste il “modello Milano” basta leggere il bilancio di responsabilità sociale del 2018 della procura milanese, che si è avvalsa del supporto “scientifico” della School of management della Bocconi e del contributo della confindustria locale. Più che una relazione tecnica sull’attività svolta, il documento è una sorta di manifesto ideologico (non politico) su un nuovo “rito ambrosiano” delle inchieste giudiziarie. “L’approccio sinergico alla gestione dei reati di natura tributaria tra la procura di Milano, il nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane costituisce il cuore del modello Milano”, si legge nel documento che cita anche Banca d’Italia come un altro attore del gioco di squadra messo in piedi per incastrare gli evasori. Questa metodologia viene definita come “un’importante innovazione della governance istituzionale sui temi del recupero fiscale” e un modello che “si giova anche dell’azione culturale costruita nel tempo con la cittadinanza e le imprese” in un territorio come la Lombardia tipicamente caratterizzato da alti livelli di evasione fiscale “sia per ragioni di dinamica reddituale sia per la natura del tessuto imprenditoriale locale, contraddistinto da una grande numerosità di imprese e professionisti”. E’ stato questo metodo ad avere aperto, per esempio, la strada alla proposta di legge sulla web tax contenuta nella manovra economica. In seguito alle indagini condotte dalla procura di Milano per elusione ed evasione fiscale, prima su Apple e Google, e poi su Facebook e Amazon, si sono dovute “piegare” al fisco italiano versando centinaia di milioni (in materia esistono video audizioni del procuratore milanese al Senato molto dettagliate e illuminanti secondo il parere di chi le ha potute visionare). E grazie anche al clamore suscitato dalle indagini, nel paese si è creato il clima politico favorevole a un intervento legislativo, visto che, come ha rivelato una ricerca di Mediobanca nel 2018, le maggiori 15 compagnie del web hanno versato nelle casse del fisco italiano solo 64 milioni di euro, pari al 2,7 per cento del fatturato. 

 

Greco è un magistrato specializzato in reati finanziari (il crac Parmalat è solo il caso più famoso) e ha sempre preferito un profilo basso, ma oggi, alla soglia dei 70 anni, non disdegna interventi pubblici a convegni di studio su temi come evasione e corruzione confermando l’impressione che lui e la sua squadra agiscono come motore di un meccanismo più grande. Approdato da Napoli alla procura milanese alla fine degli anni Settanta, Greco ha fatto parte del pool guidato da Francesco Saverio Borrelli, seppure con un ruolo defilato. Per anni è stato esponente delle correnti di sinistra della magistratura, ma questo non gli ha impedito di coltivare buone relazioni trasversali. L’ex ministro Giulio Tremonti, per esempio, lo ha voluto all’Aspen Institute e Matteo Renzi lo ha scelto quand’era premier come consulente fiscale del governo per le norme sul rimpatrio dei capitali.  “La realizzazione del modello Milano – riporta sempre il Bilancio di responsabilità sociale – ha consentito di recuperare negli ultimi anni, dalle società di grandi dimensioni, circa 4,4 miliardi di euro a cui va aggiunto il recupero derivante dalla conclusione dell’attività ispettiva nei confronti di un grande gruppo internazionale del lusso per il quale è stato definito un versamento di 1,25 miliardi entro settembre 2019, per un valore complessivo di 5,6 miliardi”. Nomi nel documento non ne vengono fatti, ma sono pubbliche le indagini giudiziarie su varie maison. E il settore della moda risulta essere quello da cui derivano le maggiori risorse seguito da quello siderurgico, dalla digital economy e, infine, dal comparto finanziario. Se nel fashion è il fenomeno più diffuso è risultato quello della “esterovestizione”, vale a dire il trasferimento all’estero del reddito prodotto dall’attività commerciale, nel caso dei grandi operatori bancari la procura ha dedicato particolare attenzione a situazioni in cui capitali di evasori italiani risultavano depositati presso sedi che si trovano in paesi con segreto bancario rafforzato o fiscalità privilegiata. Il “modello Milano” nella concezione di Greco, appare come un’evoluzione del vecchio “rito ambrosiano” in chiave depoliticizzata e pragmatica, ma anche molto interventista: Greco si è di fatto autoattribuito (certo con un accordo sulla sostanza con la politica) il compito di tutelare l’interesse nazionale trasformando la procura (non senza esondazioni) in un puntello del sistema paese. E di trasformando il giudiziario in una base tecnico-giuridica per elaborare strumenti di natura legislativa.

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