Un'immagine del porto di Genova (foto Pixabay)

Dimenticare Genova

Renzo Rosati

Il primo porto del Mediterraneo è ostaggio di un guaio peggiore di un’alluvione: l’immobilismo. Intervista a Filippo Delle Piane, presidente dell’associazione costruttori genovesi e vicepresidente dell’Ance nazionale

Milano. Piove su Genova, non certo una novità per chi da sempre è abituato alle emergenze naturali e all’isolamento; di nuovo c’è invece che a 15 mesi dal crollo del ponte Morandi oltre all’acqua e alle frane come quella che ha travolto la carreggiata nord della A6 Savona-Torino, piovono sequestri dalla procura (blocco temporaneo della A26 Voltri-Gravellona) e piovono diktat dai 5 stelle, maggior partito di governo, che ora vuole di nuovo bloccare la Gronda, la bretella a monte essenziale a decongestionare una città che è secondo polo industriale italiano e primo porto del Mediterraneo.

 

Sulla Gronda già il 9 ottobre una mozione Pd-5s ha dato un via libera condizionato però a un passaggio, che inizia con un “secondo soluzioni condivise” e termina con un “secondo modalità ecocompatibili”, contrastate dal centrodestra che chiedeva l’approvazione tout-court, e fonte di allarme in città. Mentre le traversie dell’Ilva di Taranto, sempre by 5 stelle, si riflettono sull’ex Ilva di Cornigliano, egualmente di ArcelorMittal.

 

“La sensazione è di avere un governo contro, e non solo perché non c’è più la Lega che ha il comune con Marco Bucci il quale a sua volta lavora bene con il governatore regionale Giovanni Toti, ex Forza Italia” dice al Foglio Filippo Delle Piane, 40enne presidente dell’associazione costruttori genovesi e vicepresidente dell’Ance nazionale. “Ma non è solo questione di governo, certo alle Infrastrutture non c’è più Danilo Toninelli, ma del montare di una mentalità dalla quale speravamo di esserci liberati. Ovvio che i problemi vengono da lontano, da 30 anni di incuria nazionale e anche da vicende di malaffare. Ma il percorso giudiziario va separato da quello degli investimenti e della coerenza politica, qui come a Taranto come a Venezia. Invece abbiamo l’inversione a U, anche succubi del verbo di Greta che, per dire, impone all’Europa di elettrificare l’intero parco auto entro il 2050, poi entro il 2030, buttando a mare decenni di tecnologia. Almeno fuori d’Italia si progetta a medio-lungo termine. Qui se con il governo precedente c’era lo scontro dei populismi, con questo c’è solo il pensiero corto, cortissimo, basta la comparsata di giornata a vanificare accordi di mesi, con ricadute ovvie sugli investimenti”.

 

Tutto questo a Genova si vede intanto nei numeri. Il porto, che primeggia anche per gli 8,5 miliardi annui di imposte versate, nonostante il Morandi aveva chiuso il 2018, con 70,3 milioni di tonnellate movimentate, in aumento dell’1,7 per cento (stesso incremento per i passeggeri). Nei primi nove mesi 2019 le merci erano scese a 40,8 milioni di tonnellate, un calo del 2,4. Il primo giorno di chiusura dell’A6 e della A26 ha registrato un crollo del 40 per cento, e se la paralisi non viene risolta può perdere entro fine anno metà del traffico. Questo perché il ritardo medio di arrivo delle merci in porto via terra è ora di 90 minuti. Al posto di Toninelli c’è la piddina Paola De Micheli, che oltre ad aver chiesto l’esenzione dai pedaggi in Liguria per il 2020 si è data daffare per realizzare, con i tecnici, un bypass sulla A26 che ha evitato il collasso totale.

 

Ma è però la gestione dell’emergenza: “Che rischia di diventare perenne dato che il solo modo di far avanzare i lavori è con i commissari speciali, come vediamo con la ricostruzione dell’ex Morandi, con i poteri dati a Bucci” dice Delle Piane. “Ma come ogni metropoli al centro di un sistema industriale Genova avrebbe poi bisogno di altro per restare al passo con l’Europa. Per esempio l’Alta velocità, che qui non arriva mentre un ventina di chilometri verso la Francia sono ancora a binario unico. Con le autostrade bloccate per andare a Roma ho solo l’Alitalia”. La sensazione è che alle regionali 2020, a primavera, pioverà di brutto anche sulla politica. Alle europee 2019 la Lega è stata il primo partito in Liguria con il 33,8 per cento, il Pd secondo (24,9), i 5s terzi (16,4). Ma a Genova città il Pd aveva staccato la Lega di tre punti, riconquistando il primato perso alle comunali del 2017. Ora la speranza dei democratici di tornare in gara e rompere l’egemonia del centrodestra nelle regioni del nord pare tramutarsi in illusione. 

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