Il viceministro dell’Economia Antonio Misiani (foto LaPresse)

“Il caos Ilva si può risolvere anche defiscalizzando le bonifiche”, ci dice Misiani

Renzo Rosati

“L’ideologia non serve proprio a nulla per affrontare 146 tavoli di crisi. L’alleanza? Serve che entrambe le parti ci credano”

Roma. Il governo non riesce a trasmettere un messaggio diverso dall’essere solo all’opposizione dell’opposizione? Il viceministro dell’Economia Antonio Misiani, del Pd, bergamasco e bocconiano con carriera tra gli ex Pds, ammette con il Foglio che “sì, c’è stato un difetto di comunicazione quando nella maggioranza è scattato il gioco del distinguo e il riflesso condizionato di voler piantare le proprie bandierine. Ma avevamo pochissimo tempo – siamo in carica da inizio settembre – e un enorme problema da affrontare. Perché non è vero che Matteo Salvini è stato vittima della sua frenesia di impossessarsi dei pieni poteri; invece è fuggito quando Giovanni Tria gli ha presentato i conti della manovra che il governo avrebbe dovuto affrontare per evitare un altro balzo dello spread e un declassamento da parte dei mercati, per inciso l’ultimo prima del baratro: sei miliardi di tagli a sanità, enti locali e pubblico impiego, e altri sei di aumenti di imposte. Altro che flat tax. Questa è la realtà documentata che abbiamo trovato”.

 

Si tratta comunque di 12 miliardi. Disinnescare l’aumento Iva ne è costati 23,1. E l’opinione pubblica l’ha visto in pratica come un atto dovuto, non come un vostro successo. “Giorni fa ero in Lombardia, nel cuore dell’asse padano, dove ho incontrato parecchi imprenditori di vertice, e non ho sentito che ripetere che evitare lo scatto dell’Iva ‘era il minimo’. Il minimo? Con la legge di Bilancio precedente fatta di aumenti di spesa pubblica, tra quota 100 e Reddito di cittadinanza, ci siamo trovati a evitare 23 miliardi di aumenti automatici in 23 giorni. Quasi il doppio, per inciso, delle clausole di salvaguardia lasciate dal governo Gentiloni per il 2019. E poiché i gialloverdi avevano anche appesantito la clausola per il 2021, portandola a quasi 29 miliardi, abbiamo parzialmente disinnescata anche quella, riducendola a meno di 19 miliardi. Cosa che nessun governo precedente aveva fatto. Capisco che non sia popolare come promettere soldi a pioggia, ma oggi in quali condizioni sarebbe l’Italia con Salvini e la sua flat tax? E’ giusto chiedersi anche questo”.

 

E’ giusto però ricordare che nel vostro Documento programmatico di Bilancio è scritto che nel 2020 la pressione fiscale aumenterà di un decimale di pil. Cioè quanto è aumentata nel 2019, dopo che si era ridotta di quasi due punti dal 2013 al 2018, con il Pd al governo. Molti si chiedono se sia tornato il partito delle tasse. “A politiche invariate la pressione sarebbe cresciuta di altri otto decimali, al 42,7 per cento. Cioè quattordici miliardi e mezzo. Ripeto, altro che flat tax. Secondo me, numeri definitivi alla mano, riusciremo a fare meglio, andando sotto al livello di pressione fiscale del 2019. Nel 2021, inoltre, il taglio del cuneo fiscale passerà da tre a cinque miliardi: sono soldi che finiscono nelle buste paga nette dei lavoratori”.

 

Misiani non rinnega le intenzioni che hanno generato alcune delle misure più contestate, come la plastic tax e la sugar tax. “Al netto di errori di comunicazione e dei tempi stretti in cui queste misure sono state costruite, non possiamo prima applaudire le manifestazioni ambientaliste dei ragazzi di Greta e poi rifiutarci di fare la nostra parte”. 

 

“Misure simili – continua Misiani – sono già in vigore in molti paesi d’Europa: vale per la plastica, così come per la sugar tax, che ha l’obiettivo di tutelare la salute, soprattutto dei ragazzi, che è raccomandato dall’Ocse ed esiste già in 42 paesi avanzati”. Ma non sapevate che il prelievo sulla plastica colpisce l’Emilia-Romagna, che ha il maggior polo italiano di plastica biodegradabile, ed influisce anche sul loro record di raccolta differenziata? E che lì si vota il 26 gennaio? “L’allarme degli industriali emiliani va ascoltato, come ovviamente il richiamo del governatore Stefano Bonaccini. L’imposta verrà corretta in Parlamento, premiando proprio le produzioni virtuose: parlo per esperienza diretta, ho alle spalle 13 manovre finanziarie e so che le camere esistono per questo. Ma voglio anche precisare due cose”. Prego. “La prima: il governo può emanare norme migliorabili, però ovviamente legifera guardando al paese nel suo insieme. La seconda cosa è che l’ambiente era stato totalmente ignorato, per non dire deriso, dal governo con Salvini vicepremier. Quando noi abbiamo invertito questa politica, impegnandoci in ciò che abbiamo chiamato Green new deal, sapevamo di rompere con questa mentalità. Ma l’inquinamento non lo può negare neppure Salvini. Infine aggiungo una mia personale suggestione: il bonus fiscale per gli investimenti ambientali potrebbe trovare la sua prima sperimentazione nella trattativa sull’Ilva”. Defiscalizzando la bonifica? “Questo potrebbe trovare spazio nel passaggio parlamentare”. E’ più strategica l’Ilva o l’Alitalia? “Il paese deve avere una forte presenza nazionale sia nella siderurgia sia nel trasporto aereo. Ciò non significa un ritorno dello stato imprenditore: vuol dire che se vogliamo che l’Italia mantenga la sua posizione invidiabile nella manifattura europea e mondiale, che l’anno passato ha prodotto 94 miliardi di surplus commerciale, oltre cinque punti di pil, la nostra industria deve essere presente nei settori strategici, nelle filiere tradizionali e in quelle più avanzate”. Intanto però serve coesione nella maggioranza. I 5 stelle sono gli ex partner di Salvini… “Certo, per trasformare un accordo di governo in un’alleanza occorre che entrambe le parti ci credano. E oggi i 5 stelle sono gli azionisti, non di maggioranza relativa ma assoluta. In qualche loro ministero vediamo un cambio di linea, con meno ideologia. Per fortuna, perché abbiamo 146 tavoli di crisi per i quali l’ideologia non serve a nulla. E perché dal 2020 e per i prossimi 15 anni abbiamo finanziato investimenti pubblici per 59 miliardi, per due terzi affidati agli enti locali. Altro che statalismo”. Se perdete l’Emilia-Romagna cade il governo? “La regione non sarà persa se tra gli elettori prevarrà il giudizio sulla giunta in carica, che sta governando benissimo. Egualmente la politica nazionale ha il dovere di assumersi tutte le proprie responsabilità. Ma attenzione a una cosa: Salvini si è dato una riverniciata moderata, fa filtrare lo ‘spin’ di un avvicinamento al Ppe e al moderatismo europeo. Ebbene, non ha tardato un minuto a festeggiare l’avanzata di Vox in Spagna, ed è solo l’ultimo caso. Quelli, come si è visto anche nel voto sulla commissione Segre, sono i suoi riferimenti, i suoi valori, la sua costante tentazione. Ecco perché se è giusto non fare solo opposizione all’opposizione, ci sono però mille e più motivi di non fidarsi di una settimana da pseudo moderato, dopo oltre un anno da estremista”.

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