(Foto LaPresse)

Le risposte che Greta cerca le troverà in un posto che si chiama scuola

Carlo Stagnaro

Il libro dell'attivista svedese: tanta retorica, poca sostanza

Nessuno è troppo piccolo per fare la differenza” è un bellissimo titolo per un libro. Inoltre, riassume il messaggio migliore e più positivo di Greta Thunberg: i grandi cambiamenti nascono quando un numero sufficientemente grande di persone se ne fa portatore. Terminata la captatio benevolentiae, però, bisogna riconoscere che i discorsi della sedicenne svedese, raccolti in un pamphlet edito da Mondadori, sono tanto forti nella retorica, quanto deboli nella sostanza. Dice: sì, ma mica una giovane donna può farsi carico di risolvere il problema più vasto e complesso che l’umanità si sia mai trovata consapevolmente ad affrontare. Vero. Ma l’eccesso di semplificazione può, a volte, danneggiare le cause che intende invece promuovere.

 

Greta muove da una premessa – non c’è più tempo da perdere – per reiterare, nei suoi interventi, principalmente due tesi. La prima: “Il vostro silenzio è la cosa peggiore di tutti”. Data la gravità della minaccia climatica, “si potrebbe pensare che i nostri leader e i mezzi di informazione non discutano d’altro, ma nessuno ne parla”. Ancora: “non ci sono titoloni sui giornali, nessuna riunione d’emergenza, nessuna notizia straordinaria. Nessuno si comporta come se fossimo in crisi”. Ecco: questo è semplicemente falso. Di riscaldamento globale si parla eccome. Basta cercarlo su Google. Basta aprire un qualunque quotidiano. Basta guardare quale risonanza abbia avuto l’iniziativa della stessa Thunberg. Viene invitata nelle sedi più prestigiose; ha esposto il suo punto di vista davanti ai leader mondiali all’Onu, ha preso la parola di fronte ai Parlamenti di mezzo mondo, viene sistematicamente rilanciata dai media e dà alle stampe libri che diventano automaticamente bestseller. Non è esattamente il destino che spetta a individui ininfluenti o temi giudicati poco interessanti.

 

L’accusa ai media è simmetrica a una considerazione più generale: secondo Greta, è tutto facile. Quindi, se non si fa è perché alcuni non vogliono e altri non sanno. Infatti: risolvere la crisi climatica è la sfida più importante e complessa che l’Homo sapiens abbia mai affrontato. La soluzione principale, tuttavia, è talmente semplice che la può capire anche un bambino piccolo. Dobbiamo fermare le emissioni di gas serra. O lo facciamo, o non lo facciamo. E, se non lo facciamo, è per l’egoismo di pochi: “Per troppo tempo, le persone di potere se la sono cavata non facendo nulla per fermare il disastro climatico ed ecologico. Se la sono cavata rubandoci il futuro e vendendolo per ricavare un profitto”. Ecco spiegato il complice silenzio dei media. E’ una ricostruzione legittima del dibattito sul clima. Solo che è una ricostruzione sbagliata. Non è vero che non si fa nulla: i paesi industrializzati si sono dati obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni, e quelli in via di sviluppo li stanno seguendo – compatibilmente col loro diritto a raggiungere un livello minimo di benessere. Non è vero che la soluzione è semplice: un conto è dire che bisogna smetterla di bruciare i combustibili fossili, un altro è farlo senza imballare completamente il nostro sistema economico. Non è, come sembra ritenere Greta, una questione di soldi: è una questione di vita o di morte, soprattutto nei paesi meno sviluppati. Se la Terra oggi è in grado di sfamare 7,7 miliardi di individui, che nel giro di pochi decenni saranno 9, è proprio grazie agli sviluppi tecnologici figli della rivoluzione dei fossili. Bisognerebbe quindi andarci cauti prima di vendere la pelle dell’orso. Specie se la pelle non è dell’orso ma di tantissimi povericristi che sono venuti al mondo solo grazie a quella straordinaria macchina che è il capitalismo. E solo dal sistema capitalistico possono venire le tecnologie che ci aiuteranno a combattere il cambio climatico, dalle fonti rinnovabili al nucleare, dall’uso più efficiente dei fossili alla geoingegneria.

 

Purtroppo, questa visione ipersemplificata e manichea spinge Greta a scioperare quando invece dovrebbe imparare: “Perché dovremmo studiare per un futuro che ben presto non esisterà più? A cosa serve imparare nozioni nel sistema scolastico quando i fatti elencati dalla scienza promossa da quello stesso sistema non hanno palesemente alcun significato per i nostri politici e la nostra società?”. Non è che le risposte non ci siano: è che sono complicate. Qualcuno dovrebbe dire a Greta che c’è un posto magico dove può trovarne almeno alcune. Quel posto si chiama scuola: nessuna battaglia per il clima sarà mai abbastanza generosa da bilanciare la portata devastante del messaggio secondo cui andare a scuola non serve.