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Le imprese la ricerca la sanno fare (anche senza l'Agenzia nazionale)

Marco Fortis

La spesa in ricerca & sviluppo delle aziende italiane, dal 2014 al 2017, è aumentata di oltre 3,5 miliardi di euro, cioè del 29,3 per cento, all’incirca come in Germania e più del doppio che in Spagna

Datemi una leva e vi solleverò l’innovazione, sembra aver detto il premier Giuseppe Conte parlando della creazione di un’Agenzia nazionale per la ricerca. Solo prossimamente si saprà di quale progetto si tratta. Intanto va ricordato che la leva giusta l’Italia l’aveva trovata almeno per quanto riguarda la ricerca e sviluppo delle imprese, la loro volontà di investire di più in nuove tecnologie, macchinari e innovazione.

 

Il progresso è avvenuto dal 2014 al 2017, l’Istat lo ha certificato soltanto ora. La ricerca intra-muros delle imprese italiane è aumentata del 5,3 per cento a valori correnti nel 2017, dopo essere già cresciuta del 9,3 per cento nel 2016, del 4,4 per cento nel 2015 e del 7,5 per cento nel 2014. Nel complesso, la spesa in R&S delle imprese italiane in quattro anni è aumentata di oltre 3,5 miliardi di euro, cioè del 29,3 per cento, all’incirca come in Germania, più del doppio che in Spagna e oltre quattro volte di più che in Francia. Se il risultato del 2014 è stato in parte un naturale rimbalzo dopo la crisi, gli incrementi del 2015, 2016 e 2017 costituiscono invece una infilata davvero eccezionale per il nostro paese. Il risultato è stato possibile perché per la prima volta da molti anni a questa parte è stata finalmente operata una vera politica industriale in Italia, con una combinazione vincente tra super-ammortamento, iper-ammortamento, patent box e credito d’imposta per la ricerca.

 

Il boom di investimenti tecnici, innovazione e R&S ha avuto effetti rivoluzionari sul tessuto delle nostre imprese, non solo sulle più grandi ma soprattutto su quelle medie e medio-grandi che rappresentano l’ossatura del settore manifatturiero italiano. Mi spiega con entusiasmo un imprenditore a capo di una tipica media impresa italiana leader nel valvolame e nei sistemi di riscaldamento-raffrescamento, con un fatturato intorno ai 60 milioni di euro: “Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti che il governo ci ha messo a disposizione, dall’iper-ammortamento al patent box al credito d’imposta sulla ricerca”. Il risultato è ben visibile in un grafico storico contenuto nel bilancio 2018 dell’azienda, fresco di stampa. “Grazie alla programmazione del 2017-’18, nel 2018 la nostra impresa ha appostato in bilancio 11,7 milioni di euro di investimenti: una cifra record considerando che il nostro massimo valore annuale degli ultimi anni erano stati i 3,3 milioni del 2015. Con l’Industria 4.0 abbiamo completamente modificato il nostro modo di fare business e innovazione. Oggi la nostra impresa sembra già anni luce più avanti rispetto alla realtà che guidavamo anche solo due-tre anni fa”.

 

Come questa impresa molte altre Pmi italiane hanno letteralmente cambiato il volto delle loro fabbriche e del loro business con il poderoso programma di investimenti tecnici e in ricerca che si è avvantaggiato delle misure fiscali introdotte dal 2015 in poi. Se le spese per la ricerca delle imprese sono cresciute nel complesso di 3,5 miliardi di euro nel quadriennio 2014–’17, l’industria manifatturiera da sola ha contribuito a tale aumento con 1,9 miliardi. All’interno di essa i settori trainanti il forte incremento globale della spesa in R&S sono stati la meccanica delle macchine e degli apparecchi (più 463 milioni, più 34 per cento) e i mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli (più 517 milioni, più 52 per cento). Mentre fuori dal manifatturiero, i più rilevanti incrementi di spesa in R&S sono stati effettuati dalla produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (più 511 milioni, più 105 per cento) e dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (più 338 milioni, più 33 per cento). 

 

Parallelamente alla crescita degli investimenti intra-muros delle imprese si è verificato anche un forte aumento del personale impegnato nella ricerca: nel quadriennio 2014-’17 si è registrato nella R&S un balzo di più 67 mila persone impiegate, di cui più 19 mila ricercatori. Il manifatturiero ha incrementato il suo personale in R&S di 37 mila e 300 unità, spinto soprattutto da meccanica e mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli. Di questi dati sarebbe bene che tenesse adeguatamente conto il governo entrante. Perché prima di redistribuire la ricchezza occorre crearla ma per crearla servono prima ancora l’innovazione e la ricerca che il settore privato ha dimostrato in questi anni di saper spingere, anche grazie alle misure di politica economica introdotte (che andrebbero proseguite e ampliate). Mentre il settore pubblico appare ancora completamente fermo e presenta ritardi che solo una intraprendente e coraggiosa digitalizzazione della pubblica amministrazione potrebbe finalmente sbloccare.

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